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Le Biblioteche storiche

Musei nascosti
Molte delle 326 biblioteche delle Marche sono ubicate in edifici storici che hanno consentito l’evoluzione architettonica, artistica e decorativa della città. Nascono quasi tutte da donazioni di famiglie dell’antica aristocrazia terriera e mercantile oppure si sviluppano da importanti biblioteche private costituite da ecclesiastici, ordini religiosi e professionisti (medici, giuristi, professori) legati alle Università o alle Accademie.

La Biblioteca di Fonte Avellana a Serra Sant’Abbondio, ad esempio, è nata con il monastero (980) e trova la sua prima sede nello Scriptorium. E’ divisa in scomparti per materia e contiene libri dal secolo XV. Di particolare pregio è la Biblioteca Oliveriana di Pesaro che conserva numerose pergamene e migliaia di opere a stampa e manoscritti di alto valore e significato. A Jesi, nel rinascimentale Palazzo della Signoria, opera di Francesco di Giorgio Martini, è collocata la Biblioteca comunale Planettiana che custodisce numerosi fondi antichi e moderni con oltre 11.000 volumi e l’archivio storico comunale. La Biblioteca di Monaldo Leopardi di Recanati accoglie più di 20.000 volumi per la maggior parte raccolti ed ordinati da Monaldo, padre di Giacomo. La collocazione dei volumi e dei ricordi è rimasta inalterata dal tempo della sua costituzione. La Biblioteca Mozzi Borgetti di Macerata, sorta nel 1773 nei locali della soppressa sede del Collegio della compagnia del Gesù, ha ereditato la biblioteca gesuitica e molti altri fondi. Attualmente è dotata di circa 350.000 volumi, oltre 10.000 manoscritti, 300 incunaboli e più di 4.000 edizioni del secolo XVI. A Fermo nel 1688, fu costruitala Biblioteca Romolo Spezioli, medico personale della regina Maria Cristina di Svezia, alla corte di Roma, mentre la Biblioteca Giulio Gabrielli di Ascoli Piceno (1849), si accrebbe specialmente con i fondi archivistici e librari delle soppresse corporazioni religiose (1861 – 1866) e attraverso lasciti. 

Scoprite anche le biblioteche e librerie storiche che oggi offrono molteplici possibilità di lettura: da una fruizione "museale", mirata ad ambienti, arredi antichi, volumi di particolare pregio decorativo, fondi cosiddetti speciali - manoscritti, stampe, documenti d’archivio – ad una indagine sulla formazione del patrimonio bibliotecario. Alcune biblioteche rappresentano poi organismi aperti e in continua evoluzione; ricche di libri moderni e dotate di attrezzature multimediali, sono importanti centri di formazione e aggiornamento, comprendendo vasti campi d’interesse, come quelle di Pesaro e Moie di Maiolati Spontini.

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Livello di difficoltà: media
Target: Family

Le tappe dell'itinerario

  • Biblioteca Benincasa
    071/2225021- 2225023 – 2225024
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Benincasa
    La Biblioteca Benincasa si trova nel centro storico di Ancona (Via Bernabei 30), poco dopo la Porta di San Pietro (Arco di Carola), sopra Piazza del Plebiscito, non lontana da Piazza Roma.
    E’ ospitata nel palazzo cinquecentesco un tempo appartenuto alla famiglia Mengoni Ferretti. La libreria della famiglia Benincasa fu aperta ad uso pubblico nel 1669, secondo le disposizioni testamentarie del marchese Luciano Benincasa. La famiglia Ferretti, nobile, originaria di Gubbio, appartenente all’aristocrazia mercantile e marinara annovera tra i suoi antenati personaggi ragguardevoli come Grazioso Benincasa e suo figlio Andrea, valenti cartografi della scuola anconitana, una delle più importanti del XV secolo, oltre che ricchi proprietari di navi. Luciano Benincasa si distinse, invece, per importanti cariche pubbliche ricoperte nella città e nello stato pontificio e per gli ampi interessi culturali che lo portarono a mettere insieme una libreria di famiglia composta di 2.634 libri fra canonici, civili, storici e geografici. Successivamente la marchesa Eleonora Vincenzi, moglie di Luciano Benincasa "junior" con l’approvazione di Benedetto XIV la donò al Comune insieme con una cospicua somma per l’incremento annuale (1749), comprendendovi l’arredo e due mappamondi. Non essendo stato rinvenuto l’inventario originario della Libreria Benincasa, può essere considerato uno strumento prezioso l’elenco del 1811, conservato in una serie di documenti dell’Archivio storico comunale, da cui risulta una ripartizione in 13 classi dei libri esistenti nella Biblioteca, con una prevalenza di opere religiose e storico-religiose, di argomento legale e di medicina. Da questo primo nucleo si sviluppò la Biblioteca pubblica grazie alle donazioni che si susseguirono soprattutto a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, parallelamente al rifiorire della vita culturale della città con gli studi di Michele Maroni, Francesco de Bosis, Cesare Gariboldi, Gustavo Bevilacqua, Carisio Ciavarini, Enea Costantini, Domenico Pacetti.
    Nel suo patrimonio librario di cultura generale con prevalenza di opere storiche, letterarie e giuridiche come in origine, sono inclusi dei veri e propri tesori: un ricco materiale geografico e cartografico tra cui preziosi il portolano di Grazioso Benincasa (ms. del 1435) la carta nautica di Andrea Benincasa (1490), la geografia del Berlinghieri, nell’edizione di Niccolò Todesco (del 1480), il "Theatrum Orbis Terrarum " dell’Ortelio (del 1579), la "Topografia della S. Lega" del Coronelli (del 1706), una coppia di globi seicenteschi del Greuter; l’importante collezione musicale Nappi, una collezione di statuti delle principali città marchigiane, di molto interesse per gli studi dell’antico diritto municipale, la collezione Levi con importanti testi di economia e diritto commerciale, la raccolta Giorgio Terni con incunaboli ed importanti testi sull’ebraismo, la raccolta Albertini con rare edizioni di storia locale, la raccolta Mengoni–Ferretti, tra cui la storia manoscritta di Tarquinio Pinaoro, intitolata "Delle Antichità e Nobiltà anconitane Libri LXX" (sec. XVII).
    Il Comune di Ancona, inoltre, ha acquisito nel 2008 la raccolta archivistica, bibliografica e iconografica dell’Associazione “Biblioteca delle Donne”, destinandola alla Biblioteca Comunale “L. Benincasa”. Il fondo, attualmente consultabile on-line sull'Opac provinciale, è costituito da opere di narrativa prevalentemente di scrittrici o con protagoniste donne e da opere di saggistica relative alla condizione femminile, pubblicate prevalentemente a partire dagli anni Settanta. Il progetto ha costituito un notevole arricchimento per il patrimonio librario provinciale, infatti circa 600 opere non erano prima presenti in nessuna biblioteca della provincia, ed una ventina non risultavano presenti nemmeno nell'Indice nazionale.


  • Biblioteca comunale Giulio Gabrielli
    +39 073624861
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca comunale Giulio Gabrielli
    Si tratta di una biblioteca generale, maggiormente orientata verso le discipline umanistiche, che ha un patrimonio di circa 200.000 volumi tra monografie, opuscoli e periodici rilegati, dei quali circa 30.000 antichi, per lo più provenienti dalle biblioteche religiose soppresse in seguito all'Unità d'Italia.

    Per quel che riguarda la sua origine, va ricordato che nella città di Ascoli la volontà di istituire una biblioteca "a pubblico commodo" venne espressa dal Consiglio dei Cento nella seduta del 20 luglio 1733, ma fu istituita solo nel 1849 con l’acquisto della raccolta libraria dell’avvocato Paolo Pedini. Questo primo nucleo si arricchì con l’acquisizione dei fondi archivistici e librari delle soppresse corporazioni religiose (1861-1866). Al bibliotecario, Prof. Giulio Gabrielli (1832-1910), di cui la Biblioteca porta il nome, va il merito di aver raccolto, ordinato e catalogato le quattordici Biblioteche di dette corporazioni religiose, aperte al pubblico nelle sale terrene del palazzo Comunale.
    Così il patrimonio bibliografico che in origine era di 4.200 volumi circa si accrebbe di altri 25.000, oltre a manoscritti, codici, incunaboli, edizioni rare che lo stesso Gabrielli man mano acquistava nel corso della sua attività di bibliotecario.
    I 267 manoscritti, pervenuti dagli ex-conventi alla Biblioteca, sono tutti posteriori al secolo XV e contengono per lo più argomenti religiosi e filosofici e non pochi tra essi hanno una grande importanza come fonti di storia locale. Si citano in particolare le quattro cronache cittadine dei secoli XVI e XVII, il manoscritto della Historia asculana di Spino Talucci, giureconsulto ascolano del secolo XVII, e quelli del padre Luigi Pastori, dotto agostiniano di Arcevia, vissuto in Ascoli tra il 1780 e il 1816, erudito raccoglitore ed illustratore delle memorie ascolane oltre che diligente ordinatore degli archivi capitolare e municipale. Tra i più pregevoli come decorazioni è il grande libro corale in pergamena, già appartenuto agli Olivetani, poi ai Camaldolesi che abitarono il monastero di S.Angelo Magno. Nella Biblioteca erano inoltre conservati l’Archivio dei monaci di S. Angelo, contenente documenti relativi alle vicende e alle amministrazioni di quel Monastero dal 1028 e l’Archivio dei MM. Conventuali di S.Francesco.
    Con gli stessi limitatissimi mezzi con cui aveva provveduto alla Biblioteca il Gabrielli giunse ad organizzare anche la Pinacoteca e il museo delle antichità. Altri riconoscimenti gli sono dovuti in quanto scrittore, critico d’arte e archeologo. Nonostante i numerosi impegni derivati dalla Biblioteca, Pinacoteca , Museo archeologico, il Gabrielli ebbe tempo di dedicarsi agli studi. Di essi meritano un rapido cenno il Saggio di bibliografia storica ascolana, Il Palazzo Comunale e le sue raccolte, Ascoli nel 1882 – Guida della città e dintorni, La ferrovia Ascoli-San Benedetto del Tronto.
    Nella Biblioteca è conservato tutto il materiale inedito da lui raccolto in quaranta anni di ricerche sul campo come il catalogo della superba collezione di ben 13.000 stampe (la collezione è stata trasferita nella locale Pinacoteca), la sua raccolta di libri d’arte e un grande Album di illustrazioni aventi come soggetto i monumenti di Ascoli, antichi edifici, luoghi pittoreschi, scene popolari, ed altre cose importantissimi per la storia e l’arte ascolana.
    Seguirono nel XX sec. lasciti e doni di altre persone ragguardevoli della città: il senatore Luigi Luciani, il professore e storico dell’arte Giulio Cantalamessa, il noto bibliofilo ascolano Guerriero Anastasi, l’architetto Verrucci Bey e il dott. Cesare Mariotti.
    Merita una particolare segnalazione il fondo Verrucci-Bey (Force 1874 - 1945). La personalità di questo architetto, progettista ufficiale alla corte d’Egitto si espletò in innumerevoli incarichi: da importanti rifacimenti ad Alessandria e al Cairo, di edifici particolarmente significativi, tombe gentilizie, palazzi di rappresentanza, alla realizzazione di opere architettoniche secondo lo stile allora in voga.
    La sua Libreria comprende oltre alle pubblicazioni di interesse storico-artistico una ricca documentazione d’archivio – disegni, fotografie … - di quanto realizzato in Egitto, non più reperibile neppure presso le fonti accademiche egiziane, e fondamentale per la conoscenza dell’arte islamica ed egiziana.


  • Biblioteca comunale Valentiniana
    +39 0737632394
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca comunale Valentiniana

    La Libreria Valentiniana di Camerino fu fondata nel 1802 con il lascito del nobile camerinese Sebastiano Valentini, poeta e storico locale. Nel suo testamento (pubblicato nel 1802, tip. Gori) volle che le rendite di tutti i suoi beni servissero per conservare ed accrescere la Libreria da lui fondata .

    La Libreria Valentiniana consisteva in un fondo di circa ottomila volumi, di grande pregio e rappresentante tutte le discipline allora in onore. Tra il 1860 e il 1861, la Biblioteca venne in possesso di una grandissima quantità di volumi - sedicimila secondo gli inventari compitati dagli agenti demaniali - per effetto di un decreto del regio commissario per le Marche, Lorenzo Valerio, il quale stabilì che le biblioteche esistenti nelle case religiose soppresse del circondario di Camerino fossero devolute "a vantaggio della istruzione e ad uso pubblico". Fra questi ben 8315 volumi appartenevano alla sola Libreria di S. Carlo, il restante era soprattutto di provenienza francescana.

    Si può dire con le parole dello studioso Carlo Pasero che il merito delle rarità bibliografiche presenti nella Biblioteca Comunale si debba alle Librerie antiche di Camerino – ricordiamo ancora quelle del Convento di S.Domenico, dei Filippini, dei padri Carlotti - e all’opera appassionata di benemeriti ed intelligenti ecclesiastici. È doloroso invece registrare la dispersione dell’importante Biblioteca dei duchi Da Varano tra Roma, Urbino, Ferrara, Parma, Piacenza, dopo lo smembramento della famiglia nella prima metà del secolo XVI.

    Tra le altre donazioni notevoli: la biblioteca del Prof. Bernardino Feliciangeli, illustre studioso di storia camerinese, di circa mille volumi oltre a documentazioni d’archivio che custodiscono memorie dell’antico comune camerte e della Signoria dei Da Varano; la Biblioteca del Conte Romano Romani, cultore di storia ed arte locale, costituita da circa tremila volumi con molte edizioni pregevoli del Cinquecento; la Biblioteca del Marchese Venanzio Varano, scrittore, discendente dall’antica famiglia ducale, costituita da circa millecinquecento tra volumi ed opuscoli; e la collezione del noto musicista Filippo Marchetti.

    Attualmente il patrimonio librario, costituito da centinaia di manoscritti ed incunaboli, circa diecimila cinquecentine, molte decine di migliaia di volumi italiani e stranieri, soprattutto di taglio scientifico, risalenti ai secoli XVII-XX , fa sì che tale biblioteca sia particolarmente indicata per ricercatori di alto profilo scientifico, particolarmente interessati alla storia della letteratura, del diritto, dell’architettura, della medicina, delle scienze sacre e delle scienze in genere. Frequenti sono infatti i contatti con studiosi di altre nazionalità. Notevole è altresì il materiale bibliografico, recentemente acquisito soprattutto, relativo al territorio camerte e più genericamente marchigiano, che risveglia l’interesse degli studiosi delle istituzioni e dei beni culturali di Camerino nel corso dei secoli.

    Tra il materiale di maggior pregio è senz’altro da considerare la raccolta di codici e manoscritti.

    A causa del sisma 2016, la biblioteca è inagibile.

  • Biblioteca Federiciana
    0721.887473
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Federiciana
    Nel 1681 l'abate Federici venne accolto nella Congregazione dei padri Filippini dell'Oratorio di San Pietro in Valle. Con lui giunse anche la sua "libraria", una preziosa raccolta di volumi che sistemò a sue spese sopra il nuovo Oratorio. Per circa un quarantennio, cioè fino all'anno della sua morte nel 1720, l'abate Domenico Federici si occupò personalmente della sua raccolta; in seguito, con una disposizione testamentaria, lasciò la biblioteca ai padri dell'Oratorio, che si assumevano da parte loro il compito di tenerla aperta al pubblico un'ora al giorno e di incrementarne il patrimonio librario con il ricavato di una rendita poderale di proprietà del donatore. Nel 1861, con l'annessione delle Marche al Regno d'Italia, avviene la seconda soppressione delle corporazioni religiose: la biblioteca venne reclamata dal Municipio che ne ottenne la proprietà legale e la affidò alle cure di un "custode" affiancato da due bibliotecari: rispettivamente Luigi Masetti, l'orientalista Michelangelo Lanci e il filologo Filippo Luigi Polidori. Nel corso degli anni la biblioteca andò arricchendosi di numerosi volumi: le raccolte superstiti delle altre congregazioni, le donazioni private, i lasciti dei fondi manoscritti, ecc.
    Sotto la competente direzione del professor Adolfo Mabellini, livornese di nascita ma fanese d'adozione, la biblioteca entra nel '900 (il Mabellini assume l'incarico nel 1895) e supera due notevoli interventi di consolidamento e restauro (anni '20 e anni '30), mentre al suo successore, professor Cesare Moreschini, toccò il compito di salvaguardare il patrimonio della Federiciana durante gli anni del secondo conflitto mondiale. Nel 1950 le sale della biblioteca ospitarono un'importante esposizione dedicata al cartografo Vincenzo Coronelli. Otto anni dopo cominciarono i lavori di ristrutturazione voluti dall'amministrazione comunale per dotare la città di un'istituzione più efficiente in senso moderno. Questo ha comportato, fino al 1970, il trasferimento dei magazzini presso alcuni locali di proprietà comunale, mentre una sala lettura provvisoria venne ricavata all'interno dell'odierna sala consigliare.
    La biblioteca Federiciana è collocata nei locali che un tempo costituivano la Casa dei preti dell'Oratorio di S.Filippo Neri, immediatamente dietro la chiesa di San Pietro in Valle, splendido esempio di architettura religiosa barocca. Quando, nel 1678, l'abate Federici manifestò l'intenzione di ritirarsi a Fano presso i Filippini, sorse la necessità di sistemare anche i preziosi volumi che avrebbe portato con sé. Iniziarono così i lavori per quella famosa Sala dei Globi che è ancora possibile ammirare oggi nelle scansie lignee intagliate dal bolognese Maestro Francesco (è andata perduta, invece, in seguito al terremoto del '30, l'antica volta dipinta da Pietro Rocco). A degno completamento degli arredi restano i due preziosi globi che hanno dato il nome alla sala: due mappamondi (uno celeste e uno terrestre) realizzati in coppia nel 1688 dal cosmografo veneziano Vincenzo Coronelli. Vanta oltre 250.000 volumi, un'emeroteca con 115 periodici in abbonamento e migliaia in deposito e una sezione "cinema", accanti a fondi speciali e manoscritti. Dal 2012 è attivo il servizio di biblioteca digitale Medialibrary online.
  • Mediateca Montanari
    0721/887343
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Mediateca Montanari

    L'edificio che oggi ospita la Mediateca Montanari è stato progettato dall'architetto Giuseppe Balducci, il quale riusò i materiali provenienti dalla demolizione del convento di San Filippo che si trovava in quell'area. La sua realizzazione, in stile "eclettico" tipico dell'epoca, durò dal 1899 fino al 1903. L'edificio dagli inizi del Novecento fino al 1998 ha ospitato la scuola elementare intitolata a Luigi Rossi; quando la scuola è stata chiusa, gli spazi hanno ospitato mostre d'arte, dall'Accolta dei quindici alla mostra su Giacomo Torelli.

    La Mediateca Montanari è stata inaugurata il 10 luglio 2010 in seguito ad importanti lavori di ristrutturazione; il restauro è stato difatti pensato per privilegiare la conservazione e la valorizzazione delle testimonianze storiche passate. Il progetto ha quindi garantito la conservazione del precedente edificio scolastico, la valorizzazione del sito archeologico e la realizzazione di una nuova biblioteca. La scuola è stata ristrutturata senza subire modifiche nella distribuzione degli ambienti o nelle superfici architettoniche, mantenendo la struttura originaria organizzata in ampie aule e corridoi che ospitano oggi le collezioni della biblioteca. La sala realizzata sotto l'atrio è usata per le conferenze e come punto di documentazione archeologica per le scolaresche ed i turisti che partecipano al percorso di Fano Romana. Nella sala ipogea, inoltre, sono visibili le colonne appartenenti al peristilio, libere dal terreno circostante e dalla galleria in cui erano racchiuse. Le fondazioni, invece, sono mantenute a vista tramite una vetrata calpestabile che permette di cogliere l'estensione del tempio e i diversi modi di costruire.

    La Mediateca Montanari Memo si propone come una biblioteca multimediale di informazione generale e partecipa in forma complementare con la Biblioteca Federiciana al Servizio Bibliotecario della Città di Fano. La sede offre 1600 mq complessivi aperti al pubblico di cui 200 mq dedicati a bambini e ragazzi.



  • Biblioteca Spezioli
    0734/284310 (centralino)- 0734
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Spezioli

    Istituita nel 1688, la Biblioteca civica di Fermo deve il suo nome al fermano Romolo Spezioli, medico personale della regina Cristina di Svezia che fu introdotto alla corte regale di Palazzo Riario di Roma dal Cardinale Decio Azzolini, anch’egli di origine fermana.

    Il medico ( Fermo, 1642- Roma, 1723), dopo essersi laureato a Fermo si trasferì a Roma e intrattenne rapporti con il mondo accademico e scientifico dell’Urbe, con la corte pontificia divenendo anche medico personale del Cardinale Ottoboni, futuro Papa Alessandro III.

    Fece dono alla sua città natia della sua prestigiosa libreria, frutto dell’eredità culturale dei suoi illustri protettori come anche dei loro lasciti testamentari.

    La Biblioteca conserva anche altri lasciti di illustri personaggi fermani, intere collezioni appartenute ad eminenti privati e il notevole patrimonio trasferito nell'Ottocento dalle soppresse congregazioni religiose.

    Nella Biblioteca Comunale di Fermo la Libreria Spezioli rappresenta il nucleo storico principale e per qualità e quantità del patrimonio librario si pone tra le prime venti biblioteche civiche italiane, rendendola quindi una fra le strutture più importanti e prestigiose del suolo nazionale.

    La Libreria Spezioli documenta, attraverso la ricchezza e la varietà delle opere raccolte, il rapporto esistente tra una città della provincia pontificia come Fermo e l’ambiente culturalmente qualificato della Roma del Seicento. I cinque cataloghi manoscritti che accompagnarono i libri fatti venire da Roma sono esempi bibliografici assai significativi non solo dell’arte medica dei secoli XVII e XVIII ma anche della preparazione culturale che doveva avere un medico del Seicento, con la conoscenza di materie quali l'Etica, la Fisica e Metafisica, la Storia, secondo la scienza sistemica del tempo.

     

    La Biblioteca civica conserva codici riccamente miniati, edizioni a stampa rarissime, un fondo grafico inesauribile . Complessivamente le collezioni comprendono circa 3000 manoscritti, 127 codici, 300.000 documenti, tra i quali sono disponibili più di 800 testate di riviste storiche, 5.000 disegni e 6.500 incisioni, monete, sigilli, 681 incunaboli, oltre 15.000 edizioni del Cinquecento, 23.000 edizioni in miscellanea, numerosissimi esemplari del 1600 e 1700 e stampati musicali.

    Per la specificità di alcune donazioni private, in particolare per quella del medico fermano Romolo Spezioli, a cui la Biblioteca è intitolata, il patrimonio librario antico è conosciuto anche a livello internazionale per le pregevolissime edizioni di opere mediche.

    La Biblioteca conserva inoltre più di 6.000 stampe e 4.000 disegni, provenienti principalmente dal fondo dell'architetto Giovan Battista Carducci.

    Attualmente si sta aggiornando il fondo moderno, costituito sia di materiale bibliografico sia multimediale. Fanno parte di detto fondo le principali opere di natura enciclopedica, singole monografie - classificate secondo il sistema decimale Dewey - e una ricca sezione di narrativa. Una sala riservata è stata approntata per il fondo locale - collocato sperimentalmente anch'esso col sistema Dewey.

    I volumi pubblicati dal 1900 al 1950 sono invece collocati a deposito e consultabili esclusivamente a catalogo.

    I volumi che hanno in collocazione le sezioni Africa, Salvadori, Scienze e Zavatti sono conservati presso il Museo Polare Etnografico "Silvio Zavatti " - Museo Scienze naturali "Tommaso Salvadori" di Villa Vitali.

     

    Il nucleo originario della Biblioteca Civica è costituito dalla Sala del Mappamondo, ubicata presso il Palazzo dei Priori. Essa è così denominata perché ospita il preziosissimo globo manoscritto - datato 1713 - del cartografo e abate fabrianese Amanzio Moroncelli.

    Degna di nota è anche la sala storica, interamente scaffalata in noce, a doppio ordine con ballatoio, impreziosita da un artistico soffitto in abete e conservante la parte più pregevole del fondo antico della biblioteca, composto da circa 16.000 volumi, prevalentemente del XVI secolo, provenienti in gran parte dalle donazioni Romolo Spezioli.

    La Biblioteca Spezioli vanta anche uno spazio dedicato interamente ai più giovani, inaugurato nel 1998 e sito al piano terra. La Biblioteca Ragazzi può contare su di uno spazio prima infanzia e bambini, con comodi cuscinoni e sedute informali, dove i piccoli lettori scelgono e leggono in libertà tra libri illustrati, cartonati, pop-up, musicali, di filastrocche, di poesia e fiabe, e su di uno spazio di consultazione e studio, con tavoli e sedie di diversa dimensione, contenente enciclopedie, dizionari, atlanti, opere di divulgazione e manualistica oltre a libri di narrativa per fasce di età più grande. Dispone inoltre di un angolo lettura per adulti accompagnatori. La biblioteca propone attività e laboratori pomeridiani di animazione legati ai libri e alla lettura.

    La sede decentrata del BUC machinery deve il suo nome alle iniziali di “Biblioteca”, “Università” e “Conservatorio”: gli accoglienti locali si affacciano, in posizione strategica, sullo spazio comune tra la Biblioteca ed il Conservatorio Statale "G.B. Pergolesi", giocando il ruolo di cerniera tra le istituzioni culturali cittadine. Presso il BUC, avamposto multimediale della Biblioteca civica, sono presenti e consultabili quotidiani, periodici correnti, cd audio e VHS.

    In due salette del BUC è possibile ascoltare musica e vedere film mentre nelle sale centrali sono operative quattro postazioni Internet.

    Gli spazi del BUC machinery sono inoltre costantemente impiegati per numerose iniziative culturali: incontri con autori, presentazione di libri, ascolti guidati, mostre, laboratori per le scuole di propedeutica all’orientamento alla ricerca bibliografica in linea.

  • Biblioteca Passionei
    0721/723238
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Passionei
    La città di Fossombrone ebbe "per beneficio pubblico della Gioventù studiosa" la sua biblioteca grazie alla magnanimità e generosità di Monsignor Benedetto Passionei (19 aprile 1784).
    Nato a Fossombrone nel 1719, fu avviato agli studi sacerdotali e si laureò in legge a Padova; ebbe incarichi vari a Roma e fu spesso a contatto con letterati ed eruditi che frequentavano la "corte" dello zio Cardinale Domenico Passionei.
    Non conosciamo quanti e quali libri, a stampa e manoscritti, furono donati da Benedetto Passionei, e ciò a causa della scomparsa del primitivo catalogo e per i guasti subiti dalla biblioteca nel periodo repubblicano degli ultimi anni del secolo XVIII. Il materiale bibliografico comprendeva libri di ogni genere letterario: letteratura latina, greca, italiana e francese, archeologia, storia, geografia, teologia e dommatica, morale e biblica, patrologia, diritto canonico e civile, scienze. Completava la donazione un ricco fondo di libri manoscritti appartenenti allo zio Domenico Passionei, di grande interesse per la storia religiosa e civile dell’Italia e dell’Europa dei secoli XVII e XVIII. Tra questi anche lettere e scritti autografi di eminenti personaggi del tempo. Mons. Passionei, vissuto a Roma vicino allo zio, aveva con questi condiviso la passione per l’erudizione e per la conservazione dei libri e manoscritti rari. Dopo la sua morte condusse una lunga trattativa per la vendita della Biblioteca e per la cessione di alcuni manoscritti alla Biblioteca Vaticana, riuscendo tuttavia a conservare per sé i volumi segnati con l’iniziale "P" (Passionei) che erano la maggior parte e più pregiati, oltre a diversi documenti manoscritti: corrispondenza, memorie e minute con documenti diplomatici o abbozzi di opere erudite. Perciò quando nel 1776 i libri, fatti mettere da Mons. Passionei in "ventiquattro gran cassoni", giunsero da Roma a Fossombrone, si vide che erano circa 6.000 volumi, di cui tante opere eleganti e preziose, rilegate alla francese e all’olandese. Giustamente si parlò di un dono da principe, quello fatto dal Passionei, e non da "particolare cavaliere o semplice prelato".
    Dal 1895 la biblioteca ha sede nell’ex convento dei padri Francescani. Nel 1944, a causa dei bombardamenti che colpirono il palazzo e causarono la perdita di parte del patrimonio bibliografico, la sezione antica venne trasferita in Corte Alta, mentre la sezione moderna rimase nell’edificio. L’intero patrimonio bibliografico venne poi nuovamente riunito nel 1977, quando alla biblioteca furono assegnate altre sale. L'attuale sede si estende per circa 550 mq. La sala di consultazione/studio più la saletta manoscritti comprendono in totale 35 posti.

  • Biblioteca Planettiana
    0731/538345
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Planettiana
    Nel 1907 il marchese Bernardo Pianetti cedette al Municipio di Jesi la sua celebre e copiosa libreria la cui origine risale indietro di alcuni secoli.
    Infatti, Cardolo Maria Pianetti così si definiva dovendo presentare le sue referenze per l’ammissione all’accademia veneziana di Almorò Albrizzi: "scienziato negli studi di umanità ed erudizioni, nella filosofia, in matematiche, dottore dell’une e dell’altre leggi… possiede in Jesi un’insigne biblioteca fornita di rarità de libri di tutte le Scienze, ereditata dallo zio Monsignor Giuseppe Pianetti Vescovo di Todi" (1708).
    Questa raccolta libraria, ereditata con vincolo testamentario di consentirne l’uso pubblico rispecchia la vasta cultura umanistica e di giurista dello zio, il vero collezionista della famiglia Pianetti. Cardolo Maria per favorire l’uso pubblico della libreria, accresciuta nel frattempo con altre due collezioni, quelle avute in dote dalla moglie Susanna Mannelli – riguardanti soprattutto classici latini e greci oltre a libri sul diritto, la storia, la geografia e i viaggi – e quelle appartenute ad un altro zio, Carlo Maria vescovo di Larino, fratello del già noto Giuseppe, fece redigere nel 1738 un splendido catalogo manoscritto dai frati minori osservanti del convento di San Francesco di Ancona.
    La libreria risulta essere ricca di quindicimila libri, per la maggior parte dei secoli XVI e XVII e di famose edizioni che si riferiscono a luoghi come Venezia, Roma, Padova, Parigi, Lione, Basilea, Colonia, Francoforte, Londra. Vi sono contenuti anche 16 incunaboli, quasi tutti di argomento classico. Degna di considerazione è anche una ricca raccolta di gazzette datate dal 1655 al 1723, e una collezione di Lunari o Almanacchi, dei secoli XVII e XVIII.
    La già copiosa biblioteca venne accresciuta nel 1787 con ulteriori lasciti da parte del Cardinale Gaspare Bernardo Pianetti, Vescovo di Viterbo, e donata appunto nel 1905 al Comune di Jesi da Bernardino Pianetti. Oggi questo fondo arricchito anche dell’archivio Pianetti costituisce uno dei complessi documentari più notevoli della Biblioteca Planettiana.

    La Biblioteca comunale Planettiana ha sede nel suggestivo e rinascimentale Palazzo della Signoria, opera del celebre architetto senese Francesco di Giorgio Martini, che affaccia la sua possente mole sulla celebre piazza Colocci, sita nel centro storico jesino. La struttura è stata edificata fra il 1486 e il 1498, mentre la torre è stata parzialmente ricostruita nel 1661 (in seguito al terremoto che la distrusse nel 1657). Particolarmente caratteristico è l’orologio posto sulla torre, la cui macchina venne ricostruita ex-novo nel 1939 dall’orologiaio marchigiano Edoardo Marconi. L’antica macchina oraria sita sulla torre del palazzo era stata realizzata nel 1723 dal costruttore veneto noto col nome di Antonius Molinarius, come si apprende da un’incisione presente sul telaio della macchina.
    Al secondo piano del palazzo, nella sala che ospita la rara e preziosa collezione libraria Pianetti, donata dalla nobile famiglia jesina al Comune agli inizi del Novecento, si possono ammirare anche due splendidi globi della fine del XVII secolo, la cui circonferenza supera i 3 metri, realizzati dal cosmografo veneto Vincenzo Coronelli.
  • Biblioteca Comunale Mozzi - Borgetti
    0733 256360
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Comunale Mozzi - Borgetti

    A Macerata nonostante la presenza di ricche raccolte private che denotavano spesso una notevole apertura alle nuove idee - nel Seicento viene ricordata quella del matematico Girolamo Marchetti, con opere provenienti dalla Scuola di Urbino, del letterato Marcantonio Amici, dei Compagnoni, del cardinale Mario Marefoschi, dei Lazzarini, dei Bonaccorsi - le prime donazioni librarie documentate risalgano all’epoca delle soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi. Il Comune prese allora la decisione di istituire con il fondo librario della soppressa Compagnia di Gesù la biblioteca pubblica (1703), grazie alla mediazione del cardinale Compagnoni Marefoschi e al contributo del Papa Pio VI e del cardinale Guglielmo Pallotta. Seguirono nel 1779 il dono del giudice rotale Francesco Mornati e quello di Giuseppe e Bartolomeo Mozzi, ai quali la Biblioteca Civica è intitolata unitamente al nome del padre domenicano Pietro Borgetti che volle emulare i fratelli Mozzi donando con la sua importante libreria anche tutto il suo patrimonio.

    La biblioteca dei fratelli Mozzi senza essere di dimensioni imponenti (2.668) è un vero gioiello. Attualmente è una delle più grandi biblioteche delle Marche; dispone di circa 350.000 volumi, oltre 10.000 manoscritti, 300 incunaboli ed oltre 4000 edizioni del secolo XVI.

    La Biblioteca ha inoltre una raccolta musicale e teatrale, una collezione risorgimentale e una ricca fototeca con oltre 20.000 immagini che documentano prevalentemente la storia locale (eventi, personaggi, costume, urbanistica, monumenti, opere d'arte).   Tutti i fondi antichi sono catalogati e consultabili.

    La Biblioteca Mozzi Borgetti fa parte dell'Istituzione Macerata Cultura Biblioteca e Musei e aderisce al progetto Nati per Leggere per la promozione della lettura ad alta voce ai bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni.  

    A farne qualcosa di unico fu Giuseppe il quale, aperto culturalmente alle molteplici esperienze degli illuministi europei, le conferì un carattere decisamente moderno.

    Giuseppe Mozzi, nato da nobile famiglia e provvisto di beni di fortuna, studiò a Bologna e a Roma e affinò i suoi interessi scientifici con diversi viaggi all’estero, acquistando libri e strumenti di interesse per la ricerca scientifica. Appassionato cultore della scienza, fu vicino agli orientamenti diffusi fra gli accademici francesi i cui principali poli di interesse erano le scienze, le tecniche e la riflessione riformatrice.

    All’interno del corposo settore delle scienze la medicina occupa lo spazio maggiore. Nella sua raccolta sono presenti i principali autori del nuovo corso empirico-sperimentale della medicina moderna: William Harvey (Opera omnia, Londini, 1776 ed edizioni precedenti di singole opere), Tomas Sydenam (Opera universa, Londini, 1705), Simon André Tissot (Epistolae medicae practicae, Lausanne 1770), Hermann Boherave (tutte le opere mediche botaniche e gli Elementa chemiae, Lugduni, Patav. 1732), Albrecht von Haller, il fondatore della fisiologia moderna.

    Il prevalente interesse per la medicina non offusca tuttavia quello per altri campi del sapere. Nessun settore è trascurato così che la sua biblioteca risulta un esempio di raccolta organica costruita sul modello baconiano in cui le scienze della natura si integrano a quelle fisiche e matematiche, testimoniando altresì un vivo interesse di tipo sperimentale.

    Accanto alla donazione Mozzi la Biblioteca annovera testi e materiale documentario di notevole interesse locale dovuti alla serie di lasciti compiuti da alcune famiglie che aderendo alle tradizioni culturali della città possedevano raccolte qualificate e spesso di primordine.

    A titolo esemplificativo si citano la nutrita corrispondenza dello storico Luigi Lanzi con studiosi italiani e d'oltralpe; la libreria personale di Amico Ricci con il relativo catalogo ragionato che ne testimonia il valore di studioso d'arte, ricercatore instancabile dell'arte marchigiana, nonché appassionato bibliofilo; la nutrita raccolta di manoscritti, pubblicazioni musicali e teatrali, legata alle donazioni di Giuseppe Natali (1879), Gian Battista Bruti Liberati (1868) e di altri illustri studiosi della materia, costituisce forse la più ricca e organica raccolta del genere nelle Marche dopo quella del Liceo Musicale Rossini di Pesaro.

    Va sottolineato come in oltre due secoli di attività la biblioteca è andata progressivamente estendendosi con sale e depositi ai vari piani dello stabile. Nell’ingresso da piazza Vittorio Veneto sono conservati i meravigliosi busti di Benedetto Cairoli, di Ercole Rosa e di Papa Gregorio XVI di Fedele Bianchini; i numerosi stemmi in pietra, invece, provengono dall’antica Fonte Maggiore. Alla raccolta archeologica dei Musei Civici appartengono il sarcofago strigilato dell’atrio e il grande dolio romano di età repubblicana all’ingresso della Sala Castiglioni. Per quel che riguarda la Galleria trasversa, oggi denominata degli Specchi, Domenico Marzapani e Domenico Cervini hanno creato una trama di grottesche di matrice raffaellesca e stilemi pompeiani con ritratti di filosofi e di scienziati illustri. Le quadrature dei soffitti, infine, si devono al pittore maceratese Vincenzo Martini.
    La Sala Castiglioni ospita matrimoni civili dal 2016.

  • Biblioteca La Fornace
    0731/702206
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca La Fornace
    La Fornace di Moie è un edificio ottocentesco a forma ellittica, attivo fino al 1966 e poi completamente abbandonato. Accanto alla fornace è collocata la struttura destinata alla lavorazione delle terre, già predisposta per l’installazione delle macchine per la lavorazione dell’argilla. Si tratta di un edificio di notevoli dimensioni, circa 700 metri quadrati di coperto, e per una buona parte alto circa 9 metri, che si affaccia verso il fronte della cava con un porticato. Sono parti integranti del complesso anche la palazzina uffici conservata ancora in ottimo stato e una casa colonica. La fornace, costruita in un’area pianeggiante fuori città, in prossimità di una zona ricca di calanchi, ora si trova in posizione centrale rispetto al nuovo piano di sviluppo abitativo di Moie.
    Il progetto della biblioteca ha comportato il restauro del forno e dell’adiacente edificio, con opere che ne garantiscano la solidità e il rispetto delle caratteristiche costruttive. Sono state eliminate tutte le strutture e i materiali fatiscenti, con il recupero del materiale utilizzabile ed il restauro con materiale simile a quello esistente.
    I solai e la copertura sono stati realizzati con struttura portante in acciaio, con solaio in legno per un miglior inserimento architettonico nel contesto locale. Le pareti di tamponamento sono state realizzate con mattoni di recupero. Tutta la parete che delimita la sala polivalente del forno è realizzata con pannelli fonoassorbenti a lamelle con finitura in legno di faggio, con l’obiettivo di garantire un efficace assorbimento acustico, particolarmente importante per una biblioteca.
    La biblioteca possiede circa 30.000 documenti catalogati, tutti interamente collocati a scaffale aperto e ordinati per argomento. Sono presenti opere di narrativa contemporanea (di autori italiani e stranieri) e di saggistica, enciclopedie di carattere generale su temi specifici, vocabolari di lingue europee e non, atlanti, la sezione locale con volumi riguardanti la Regione Marche e il Comune di Maiolati Spontini, libri per bambini e per ragazzi, libri per le famiglie e scritti ed opere dedicati a Joyce Lussu, a cui inizialmente era intitolata la Biblioteca.

    Il suo anfiteatro è da qualche anno anche un luogo di impegno civile all’interno del quale è possibile celebrare un atto così importante come un matrimonio.
  • Biblioteca Tomistica di S. Alessio
    0735/704116
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Tomistica di S. Alessio

    Nel processo di messa a disposizione del pubblico di una raccolta privata come fonte di conoscenza, un riferimento storico importante è la Libreria che Giovan Battista Corradi, erudito e prelato nato nell’anno 1600 a Monsampolo, eresse a beneficio del pubblico nell’Ospedale di Sant’Alessio, da lui fondato nella città natale.

    Secondo la descrizione riportata nel Breve di Clemente X del 1676 , emanato a difesa di tale istituzione e attualmente conservato nella Biblioteca Civica di Monsampolo, "in esso sono otto camere, provviste di suppellettili e una Biblioteca che chiamano Tomistica nella quale possono applicarsi a studi letterari persone studiose di qualsiasi grado e condizione, cioè ricchi, poveri, secolari ed ecclesiastici, e specialmente cittadini ascolani, i quali sono soliti accorrervi in ogni tempo per sollievo intellettuale".

    Enrico Liburdi nel saggio "Del fondatore della Biblioteca Tomistica di Monsampolo e dei suoi incunaboli" ne traccia il ritratto di un sacerdote dalla personalità ricca e vivace, un erudito seicentesco, dedito alla stesura dei testi di storia latina, di grammatica classica e volgare , di retorica e devozionali. Laureato in teologia, Corradi coltivò le scienze mediche e si adoperò nel soccorso degli ammalati, una vocazione scientifica e uno spirito caritatevole che lo condussero alla realizzazione di un Ospedale per i pellegrini che si recavano ai santuari della S.Casa di Loreto e di S.Michele al Gargano. L’annessa Biblioteca accoglie i volumi di medicina insieme alle opere di religione che rappresentano i maggiori interessi di studio del Corradi.

    L’intitolazione tomistica assegnata alla biblioteca dal suo fondatore ha la sua ragione d’essere nella preminenza data alla filosofia aristotelico-tomistica come base culturale del repertorio bibliografico della libreria. Una cultura elaborata e diffusa in tutt’Europa attraverso la Ratio Studiorum dei Gesuiti, e appresa dal Corradi nel Collegio Romano dei Gesuiti di cui fu prima allievo, poi assiduo frequentatore.

    La biblioteca dispone di un fondo antico costituito da circa 1300 volumi tra cui incunaboli (secolo XV) e rari volumi del XVI e XVII secolo per lo più adornate da pregevoli illustrazioni xilografiche. Le opere trattano di religione, medicina, astronomia, geografia, storia, letteratura, filosofia, musica e retorica. Sono presenti alcune rare edizioni di famosi tipografi che vanno ad arricchire il valore bibliografico di tali opere quali i parigini Giovanni Petit, Nicola Bonaspes, Jadoco Bladio, Giovanni Prato e De Marnef; i lionesi Francesco Fradin, Stefano Guegnard, Giovanni Clein, Guglielmo Huyon, Giacomo Myt, Antonio de Ry, Giovanni Morghin, Dionisio Harsy, Benedetto Boumyn e Giovanni Crespino. Di Basilea: Baldassare Lapi e Tommaso Piatti; di Colonia: Eucherio Cerviconi. Tra gli italiani sono presenti: Giunti, Grifi, Soncino, Manuzio, Arrivabene, Scoto, Gregori, Suardi, Rusconi, Bon, Bindoni, Stagnino, Sessa.

    Il fondo possiede prestigiose edizioni tra cui diverse opere di fra Girolamo Savonarola, che attestano la particolare venerazione del Corradi per il domenicano. I Domenicani erano forti sostenitori della filosofia tomistica di San Tommaso d’Aquino, a cui si opponeva lo scotismo, il fatto di aver intitolato Tomistica la biblioteca rende chiara l’adesione del Corradi alla scuola filosofica domenicana. Il Corradi fece delle annotazioni sul frontespizio di quasi tutti i volumi, inoltre spesso cancellò alcuni brani con fittissimi tratti di penna al fine di censurare parti da lui ritenute poco ortodosse.

    Nel 1989 in seguito al progetto “Centro di Documentazione sui beni culturali dei Centri minori Piceni” è stato avviato il programma di catalogazione dell’intero fondo e di restauro su circa 200 volumi tra incunaboli e opere del XVI secolo. Al fondo antico si è affiancato un fondo moderno di circa 3000 volumi, attualmente in fase di catalogazione.

  • Biblioteca San Giacomo della Marca
    0735.71091 (Comune)
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca San Giacomo della Marca

    Tra le biblioteche altomedievali, monastiche e vescovili, esclusivamente riservate all’ordine, importante per qualità e varietà di testi è la Biblioteca di Santa Maria delle Grazie di Monteprandone, formatasi ad opera di San Giacomo della Marca (1393-1476) con il favore e il sostegno di illuminati protettori quali Niccolò V, Pio II, il cardinale Domenico Capranica, i Montefeltro, i Malatesta e gli Sforza.

    San Giacomo della Marca nacque a Monteprandone nel 1393 e nell’arco della sua vita svolse l’attività di predicatore e diplomatico. Nella sua città, all’interno della libreria del Convento di Santa Maria delle Grazie, Giacomo raccolse i codici, di cui stilò l’inventario, scegliendo quelli che per la qualità dei testi erano maggiormente utili a soddisfare le esigenze proprie e dei suoi fratelli. Tali manoscritti risalgono prevalentemente al XIV-XV sec., ad eccezione di uno datato IX-X secolo. A volte presentano miniature e decorazioni di rilievo e, altra caratteristica, sono di piccolo formato per ragioni di praticità, in quanto, dovevano essere trasportati e utilizzati per lo studio.

    Anche a seguito della sua morte la biblioteca continuò ad arricchirsi, fino a raggiungere il numero di 700-800 volumi. Tuttavia, a causa dell’incuria e alla poca sollecitudine nel restituire i volumi dati in prestito, molti dei libri furono trafugati. A nulla valse l’impegno profuso da San Giacomo della Marca, il quale era molto legato ai suoi libri, per scongiurarne la dispersione e neanche la bolla papale di scomunica di Pio II per chi avesse sottratto o non avesse restituito i testi a tempo debito.

    I codici rimasti, come si apprende da un documento del 21 luglio 1776 , si trovavano, insieme alle reliquie di San Giacomo e di San Giovanni da Capestrano, nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Cappella dedicata al Santo). Erano stati rinchiusi in una cassa posta in una credenza a muro, dotata di due chiavi custodite dal padre guardiano e dal magistrato pro tempore di Monteprandone.

    Il Museo civico di Monteprandone accoglie attualmente 61 codici di quelli appartenuti a S.Giacomo più la sua lettera a S.Giovanni da Capestrano datata Roma 14 dicembre 1455.

    I codici costituiscono il principale fondo storico del Museo Civico Libreria San Giacomo della Marca di Monteprandone e si trovano anche in altre sedi, quali la Nazionale di Napoli e la biblioteca storico-francescana e picena “San Giacomo della Marca” di Falconara Marittima (AN).

    Per il loro stato di conservazione e per la presenza di inventari ed annotazioni storiche, la biblioteca è una delle più importanti collezioni francescane di libri del XV secolo.

    La collezione è costituita principalmente da cinque sezioni: i testi classici, utilizzati per la predicazione e l’insegnamento del latino; quella dedicata ai testi sui Padri della chiesa, in particolar modo Sant’Agostino e San Girolamo; la sezione più grande è quella dei testi degli autori scolastici, quasi tutti autori francescani; infine un gruppo di testi di diritto e di manuali di grammatica.

     

  • Biblioteca San Giovanni
    0721/387770
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca San Giovanni
    Nel 1543 il Duca Guidubaldo II Della Rovere e Vittoria Farnese posero con grande solennità la prima pietra della nuova chiesa di San Giovanni Battista nella attuale via Passeri. La costruzione del complesso avvenne ove erano le case di certi Pianosi, situate sulla pubblica via da due lati e sulla Piazza (o Prato) di Borgo Nuovo, case acquistate per questo scopo dal Duca e dalla Comunità. La nuova chiesa fu progettata nel 1537 ed iniziata sei anni dopo da Girolamo Genga (1476-1551), ma condotta a termine dal figlio di questi, Bartolomeo, soltanto all'interno. Giorgio Vasari, nonostante la facciata fosse incompiuta, le attribuì il titolo di “bel S. Giovanni” e la considerò la più bella di tutte le chiese esistenti nelle terre circostanti. La chiesa, l'annesso convento e il non molto lontano palazzo costruito dai Montani sulla stessa via e poi passato ai Santinelli-Antaldi e rifatto nel XVII secolo, determinarono la vita di quella via che, per l’imponenza delle nuove costruzioni, assunse la denominazione di "Via San Giovanni". Il tempio, che ha una sola navata a croce latina con cupola ottagonale e nove altari, è opera d’arte grandiosa ed insigne; elegante è la facciata anche se incompleta ed interessanti sono i dipinti ivi custoditi, tra cui la Natività attribuita alla scuola del Barocci, la cappella delle Stimmate di S. Francesco con gli stucchi del bolognese Giuseppe Mazza e il sepolcro neoclassico di Giulio Perticari. Chiesa e convento, con cortile e chiostro, furono indemaniati nel 1860 e destinati ad uso militare; anche la chiesa nel 1915, in occasione della prima guerra mondiale divenne deposito di materiale bellico, ma poco alla volta i religiosi riuscirono a ottenerne la cessione dall’autorità civile e, dopo averla riassettata, riaprirla al culto nel 1926.
    All’interno del complesso architettonico del convento di San Giovanni viene accolta l’omonima biblioteca, che dispone di un’ampia scelta di libri, riviste, cd e film per adulti e ragazzi, anche in lingua. Su di una superficie di 2.050 mq, difatti, è possibile consultare oltre 55mila libra, ascoltare più di 4.500 cd musicali e vedere 3.795 dvd; sono inoltre presenti 10 quotidiani (di cui 4 stranieri) e 94 periodici (di cui 2 stranieri). All’interno della biblioteca, infine, si trovano postazioni per non vedenti, internet, wireless, tv satellitari e un caffè letterario, a cui è possibile accedere da un secondo ingresso sito in via Severini.
  • Biblioteca Leopardi
    071/7573380
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Leopardi
    La Biblioteca del Conte Monaldo Leopardi (1776-1847) documenta in modo significativo quanto ancora fosse vivo l’interesse per la ricerca antiquaria e la storia locale presso i ceti colti marchigiani, in linea con tutta una tradizione di studi storici che nella Marche si afferma alla fine del Settecento con l’opera monumentale dell’abate Giuseppe Colucci, le Antichità Picene.
    Di dimensioni ragguardevoli per il suo tempo (16.000 volumi circa) occupava quattro camere in cui i libri erano distribuiti per materie ad eccezione della seconda stanza riservata unicamente alla letteratura religiosa, dalla presenza dei padri della chiesa ad una nutrita sezione di teologia, prevalentemente dogmatica e polemica, ma anche protestante. Accanto a questo spiccato interesse religioso la raccolta è ricca di testi illuministici ma anche del versante antiphilosophique del Settecento, di letteratura straniera coeva, cui attinse il giovane Giacomo per elaborare una visione del mondo e della storia opposta a quella del padre.
    Il nucleo più consistente della biblioteca si deve ad una serie di acquisti che il conte effettuò nelle fiere di Recanati, di Senigallia e in alcuni viaggi a Roma. L’occasione fu la soppressione – durante e dopo la prima Repubblica Romana - di conventi e congregazioni religiose. Monaldo acquistò molti libri greci per "secondare", scrive nel Commentario, gli studi del figlio Giacomo, ma soprattutto per una sua innata vocazione antiquaria. Lo spirito appassionato del collezionista non solo di libri ma anche di monete, medaglie, iscrizioni e una vasta conoscenza dei documenti che egli scelse e ordinò sistematicamente si riflettono del resto anche nelle sue opere di storia locale.
    Da una piccola lapide apposta nella biblioteca leggiamo che Monaldo Leopardi nel costituire la raccolta pensava non solo a sé ma anche ai suoi concittadini. Fu, infatti, sempre aperta agli studiosi ed oggi anche ai semplici visitatori attratti dal valore museale della sede e della sua raccolta libraria.
    La biblioteca è all’interno di Casa Leopardi – che si affaccia sulla piazza del sabato del villaggio – è rimasta così come la volle il conte padre e con le sue quattro sale occupa quasi interamente il primo piano del palazzo, di cui fanno parte anche la Sala dell’Alcova, la Sala dei Manoscritti e lo studio di Monaldo. La prima sala è composta da soffitto e cassettoni; la seconda – più piccole delle altre – ha un affascinante soffitto in tela con dipinti in tipico stile pompeiano; La terza e quarta sala, infine, hanno entrambe forma rettangolare e contengono centinaia di libri riposti in enormi scaffali.
  • Biblioteca Benedettucci
    071 9740021
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Benedettucci

    La Biblioteca Comunale di Recanati venne inaugurata il 20 ottobre 1959.

    Il sorgere dei Consigli Comunali del dopoguerra fu all’origine dello spirito che portò alla creazione di tale servizio, finalizzato ad accrescere la cultura e ad emancipare così il popolo.

    Inizialmente la sede della la Biblioteca Comunale fu l’attuale Ufficio Elettorale presso la sede comunale per poi essere trasferita in Corso Persiani; nei primi anni del 2000 fu ampliata e ristrutturata.

    La Biblioteca è in grado di svolgere un ottimo servizio per i cittadini, gli studenti, sia recanatesi sia dei paesi limitrofi. Numerosa anche la richiesta da parte di studiosi per la consultazione del fondo della Biblioteca privata intitolata a Padre Clemente Benedettucci, reputata una delle migliori delle Marche, la quale è entrata a far parte della Biblioteca Comunale dal 1964. Essa raccoglie circa 45.000 volumi, 25 incunaboli, stampe rare ed uniche, preziosi manoscritti.

    Vi è la sezione dedicata a Loreto, a Recanati, alle Marche e alla teologia. Notevole è la sezione generica. La sezione leopardiana è stata trasferita al Centro Nazionale di Studi Leopardiani.

  • Biblioteca Antonelliana
    071/6629302
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Antonelliana

    La città di Senigallia lega il nome della biblioteca pubblica a due membri insigni della famiglia Antonelli, Nicola e Leonardo.

    Nicola Antonelli ( 1698-1767), cardinale sotto il papa Clemente XIII, studioso di civiltà orientali, soprattutto caldea ed ebraica, autore di molte opere, costruì in Roma una biblioteca di tutto rilievo. Con atto testamentario volle metterla a disposizione dei suoi concittadini senigalliesi dopo la morte del nipote Leonardo, anch’egli cardinale e uomo di cultura.

    Leonardo, storico canonista ed orientalista, incrementò questa libreria e l’affidò in custodia ad un erudito bibliotecario che così la descrisse: "era divisa in 10 grandi Scanzie con tutti i libri legati alla francese, o col corpo colorito, e coperte di Fasce dipinte, e dorate, che li difendevano dalla Polvere".

    Alla morte di Leonardo avvenuta in Senigallia nel 1811, la ricca libreria passò al Comune di Senigallia, anche per estinzione della famiglia. Tuttavia divenne fruibile dalla città solo nel 1825.

    Per la sua formazione composita e poiché i fondi maggiori - Antonelli, Comunità religiose, Consolini – sono di provenienza ecclesiastica, nella sezione antica dell’Antonelliana prevalgono opere di religione, teologia, storia ecclesiastica e diritto canonico. Tuttavia la cultura umanistica dei cardinali Antonelli e Consolini, ha permesso che anche la parte filologica, specialmente classica, fosse ben rappresentata. Un particolare valore riveste il gruppo di opere in lingue orientali, presenti in quanto il cardinale Antonelli fu Segretario della Santa Congregazione di Propaganda Fide e suo nipote Cardinale Leonardo di quella della Correzione dei libri orientali.

    La sede attuale della Biblioteca Antonelliana è sita nella prestigiosa location del Foro Annonario – nei locali presenti nel sottotetto – armoniosa struttura neoclassica in laterizio, a pianta circolare, progettata nel 1834 dall’architetto senigalliese Pietro Ghinelli.

    Il patrimonio, che negli anni ’60 ammontava a circa trentacinquemila titoli, si arricchì ulteriormente grazie ai successivi acquisti disposti dall’Amministrazione comunale e a successivi lasciti ( Augusti/Arsilli, Sciocchetti, Padovano, Mondolfo Lavinia, Mariani ), di cui i più recenti sono quelli di Mons. Alberto Polverari e del notaio Mazzetti .

    Complessivamente la biblioteca dispone di oltre ottantamila documenti, nonché circa 200 manifesti e lettere di notevole utilità ai fini di una ricostruzione storica del Teatro La Fenice.

  • Biblioteca di Fonte Avellana
    0721/730261
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca di Fonte Avellana

    Nel novero delle biblioteche più antiche è da includere la Biblioteca dell’Eremo di Fonte Avellana, nata nel lontano 980 insieme al monastero stesso, il quale comprende anche la cripta (del secolo X), la chiesa (del secolo XII), la sacrestia (del secolo XVIII), il chiostro (del secolo XI) e lo scriptorium ( del secolo XII).

    E’ di proprietà della Congregazione dei Monaci Camaldolesi dell’Ordine di S. Benedetto. Sin dall’epoca medievale offriva accanto allo scriptorium utilizzato per trascrivere le opere dei Santi Padri e per la redazione di nuove opere, un ricca biblioteca voluta da San Pier Damiani ad uso della comunità avellanita (sec. XI), incrementata in periodo umanistico dal Cardinal Bessarione, commendatario dell’Abbazia .

    La Biblioteca storico-monastica fu fatta allestire nel 1733 dall’abate Giacinto Boni, grande amante delle scienze e delle lettere, ed è disposta nella ricca scaffalatura in noce del sec. XIX e divisa in scomparti per materia.

    Essa fu depredata per ben due volte dei suoi libri: nel 1811, a seguito della soppressione napoleonica i libri più importanti furono trasferiti nella biblioteca di Brera a Milano e gli altri a quella di Urbino. Questi ultimi furono recuperati nel 1816 ma con la nuova soppressione del 1866, la biblioteca fu nuovamente spogliata e i libri trasferiti alla Biblioteca Marini di Pergola. Fortunatamente il monastero riuscì di nuovo a rientrarne in possesso nel 1933.

    Oggi contiene quasi tutto il patrimonio librario antico di Fonte Avellana che è costituito da circa 25.000 volumi tutti stampati a partire dalla scoperta della stampa (il libro più antico è un incunabolo del 1470) fino alla fine del sec. XIX. Tali volumi comprendono alcuni incunaboli e circa mille cinquecentine, con una prevalenza di testi di teologia, patristica e scienze umane

    Oggi la Biblioteca storico-monastica non è più solo un luogo di conservazione dei testi ma anche centro di incontro e di promozione culturale.

    A sinistra del corridoio d’ingresso, in una sala solida e massiccia del sec. XI, inizialmente utilizzata come foresteria per i pellegrini, è situata la biblioteca moderna dedicata a Dante Alighieri e inaugurata nel 1965, in concomitanza al VII centenario della nascita di Dante che, nel Canto XXI del Paradiso della Divina commedia, dialogando con San Pier Damiani, descrive il luogo dove si trova Fonte Avellana, tanto da far pensare ad una sua presenza nell’eremo intorno al 1318, anno in cui era in esilio nella vicina città di Gubbio.

    Essa custodisce circa settemila volumi, di contenuto prevalentemente teologico, letterario, filosofico, storico e patristico.



  • Biblioteca Ubaldini
    0722/313151
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Ubaldini

    A metà del ‘600 con le donazioni del conte Bernardino Ubaldini e del vescovo Honorato degli Honorati si ricostruiva ad Urbania la libreria pubblica sui "resti" della Biblioteca dei Duchi di Urbino che Francesco Maria della Rovere aveva trasferito a Castel Durante (oggi Urbania).  Della celebre biblioteca umanistica, iniziata verso la metà del ‘400 da Federico da Montefeltro non restavano che 400 volumi. Dopo la devoluzione del Ducato di Urbino allo Stato Pontificio, il Papa Alessandro III aveva infatti portato a Roma una gran parte dell’antica libreria, oggi custodita presso la Biblioteca Vaticana e l'Alessandrina.

    Nella Biblioteca di Urbania è tuttavia conservato un manoscritto del XVIII secolo compilato dal conventuale minore Giuseppe Maria relativo all’Indice dei libri esistenti nella pubblica Biblioteca in cui tutti i titoli delle opere elencate sono di proprietà ducale. Sono presenti anche due globi di Gerardo Mercatore: il Globo terrestre del 1541 e il Globo celeste del 1551, che sono già segnalati nel 1667 fra i cimeli ed i libri rimasti in Urbania dopo il trasferimento della libreria ducale a Roma.

    Nel ‘700 il fondo fu incrementato dal lascito dei conti Matarozzi Brancaleoni e in età napoleonica con l’incameramento del patrimonio librario dei soppressi Ordini Minori. Importanti donazioni si sono avute anche nel ‘900. La Biblioteca conserva inoltre l’Atlante Novissimo dello Zatta del 1775 e il piccolo Globo terrestre attribuito a Francesco de Mongenet.

    La Biblioteca Comunale di Urbania vanta un prezioso fondo di disegni, oltre 700, provenienti dalla collezione Ubaldini.

    Attualmente la biblioteca conta circa 50.000 volumi di cui 9.000 antichi. Di grande valore sono i 36 incunaboli, le 1325 cinquecentine, 183 pergamene, 141 manoscritti, di cui ricordiamo quelli riguardanti la storia del ducato roveresco. Una sezione è dedicata alla storia dell’arte e alla storia della ceramica.

    La biblioteca “moderna” ospita numerose sezioni: oltre alla narrativa classica e contemporanea, italiana e straniera, troviamo una stanza dedicata alle Marche ed una all’Arte. Sono ricchi di volumi gli scaffali relativi alla psicologia, al diritto, alla sociologia, alla critica letteraria, alla storia, alla religione, al teatro, ecc. Sono ampie la sezione ragazzi e la sezione multietnica. Sono inoltre disponibili numerose opere di consultazione, quali enciclopedie generali e specifiche e dizionari.

    La biblioteca Comunale è inoltre promotrice di numerose iniziative, tra le quali il Premio Letterario Metauro, premio nazionale di poesia, e il Premio Metauro On-line, premio di narrativa in rete.

  • Biblioteca Albani
    0722 303705
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Biblioteca Albani
    Ad Urbino il Papa Clemente XI della Famiglia Albani, desideroso di favorire gli studi nelle varie scienze dei suoi concittadini e degli studenti dell’Università si adoperò per erigere una biblioteca pubblica nel Convento di san Francesco. Per il reperimento del fondo librario che avrebbe dovuto comprendere "omnes prope scientias et artes, tum liberales, tum mechanicas" si avvalse dello scienziato e bibliofilo Maria Lancisi, il cui nome è oggi legato alla Biblioteca Lancisiana di Roma che egli appunto beneficò donando la sua libreria. Alla istituenda biblioteca di Urbino hanno concorso raccolte private ed ecclesiastiche: del Cardinale San Vitali, del marchese Corboli, di monsignor Alessandro Fideli, vescovo di Jesi dal 1696 al 1715 (includeva libri utili soprattutto agli studenti di diritto canonico e civile), la Libreria della nobile famiglia Veterani di Urbino (un antenato era stato bibliotecario alla corte di Federico I), i volumi appartenenti ai frati di S.Francesco di Urbino, per ultimo quelli di monsignor Dandini e quelli lasciati dal Lancisi.Il breve papale del 12 luglio 1720 sancì l’integrità della raccolta, così come le clausole per la consultazione dei libri proibiti. Una bolla successiva - del 19 maggio del 1721 – sottolineò invece il carattere pubblico voluto dal papa per la biblioteca urbinate. Gli Albani rimasero i proprietari del palazzo fino alla metà del XIX secolo, quando la famiglia si estinse; evento che portò alla suddivisione del grande patrimonio artistico (per collezione di opere) e librario (per la ricca biblioteca ed il prezioso archivio di famiglia). Negli ultimi anni il palazzo è passato di proprietà esclusiva dell'Università cittadina.