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Marche archeologiche, the best of

La storia svelata

Le Marche sono una regione molto ricca dal punto di vista archeologico: ogni luogo, ogni museo, raccontano la storia di una terra antichissima, dove i siti rinvenuti si fondono in maniera armonica e suggestiva con il paesaggio. Nell’antichità la regione fu terreno di fioritura della cultura picena, e parte integrante della romanità nell’arte e nella cultura. Testimonianze delle colonie romane sono ancora oggi visibili nel reticolato di alcune città (Pesaro, Fano, Senigallia, Jesi e Ascoli Piceno) e nei monumenti (ad Ancona l’arco di Traiano, lungo la Via Flaminia, a Fano l’arco di Augusto, nella gola del Furlo ad Acqualagna la galleria di Vespasiano del 76 d.C., a Cagli il ponte Mallio, a Cantiano, in località Pontericcioli il ponte Grosso; lungo la Via Salaria, ad Ascoli Piceno, la porta Gemina e il ponte del Solestà).

Di eccezionale interesse è il Gruppo equestre in bronzo dorato rinvenuto a Cartoceto di Pergola, e la scultura in bronzo attribuita a Lisippo ritrovata nelle acque antistanti Fano e attualmente esposta al Getty Museum di Malibù, in California.

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Livello di difficoltà: media
Target: Cultura
Stagionalità: Estate

Le tappe dell'itinerario

  • Pesaro – Iscrizione bilingue etrusco – latina di età augustea
    0721.33344
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Pesaro – Iscrizione bilingue etrusco – latina di età augustea
    Si tratta di un’iscrizione bilingue etrusco-latina di età augustea, oggi al Museo Archeologico Oliveriano di Pesaro, che fu redatta molto probabilmente in due momenti diversi e rinvenuta nel 1523 verso la fine dell’attuale via Branca, all’altezza di via Maternità, non lontano da dove sorgeva un tempo l’antica Porta Curina (o Collina).
    Il museo merita una visita per la rilevanza del suo patrimonio archeologico anche se di piccole dimensioni. Da segnalare un monumento nel suo genere unico, nonché singolare, una rosa dei venti o anemoscopio in marmo lunense con planisfero celeste (II secolo d.C.), rinvenuto a Roma nel 1759 fuori Porta Capena lungo la via Appia e rimasto ignorato e nascosto per lungo tempo fra pietre di nessuna importanza in un magazzino del palazzo Almerici; alcuni bassorilievi in pasta di vetro, il più grande dei quali rappresenta il dio Mitra uccisore del toro (tauroctono); tre stele in arenaria, trovate rispettivamente a San Nicola di Valmanente nel 1860 la prima, in località Tomba presso Novilara nel 1866 la seconda, e nella necropoli nel 1892 la terza: tutte risalenti al periodo compreso fra l’VIII e il VI secolo a.C. e particolarmente famose, in special modo la prima, per alcune figure tracciate sulla faccia anteriore da un anonimo artista.
  • Basilica di Vitruvio

    Notizie della basilica ci arrivano dallo stesso Vitruvio che nel I capitolo del V Libro del De Architectura descrive la basilica da lui realizzata nell’antica colonia romana di Julia Fanestris fornendoci proporzioni precise, dettagli architettonici e decorativi della struttura di cui, però, oggi non rimane traccia alcuna. L’importanza di tale fonte non riguarda solo la sua presenza all’interno di un trattato così importante per tutta l’architettura occidentale, ma soprattutto per il fatto che si reputa l’unica opera di cui Vitruvio riconosce la paternità. Dal punto di vista tipologico, la Basilica di Fano rappresenta un’eccezione al paradigma normativo dell’edificio basilicale teorizzato dallo stesso architetto nel trattato. Fin da quando fu pubblicata nel 1486 l’Editio princeps del De Architectura, numerosi sono stati i tentativi di trattatisti, archeologi e architetti di ricostruire l’aspetto originario, almeno in pianta, della basilica; tra tutti ricordiamo il più famoso, l’architetto Andrea Palladio.
    Molte sono state le campagne di scavo condotte per rinvenire prove dell’esistenza della struttura fino a quella recente del 1840 che ha riportato alla luce imponenti parti di un edificio romano sotto l’ex convento degli Agostianiani, immediatamente attribuiti alla famosa Basilica di Vitruvio. Non ci sono, al momento, sufficienti studi scientifici che possano comprovare un rapporto tra questi resti e la basilica anche se recentemente sono state avviate nuove ricerche sul sito archeologico di S. Agostino e proposto un modello virtuale completo della struttura. Nel 2010 è stato fondato il Centro Studi Vitruviani dedicato all’opera vitruviana e all’architettura classica.

    Gli edifici romani rinvenuti nei sotterranei della Chiesa di Sant’Agostino sono ad oggi visibili grazie all’Archeoclub di Fano, che organizza visite guidate tutto l’anno.

    Nel periodo invernale (metà settembre – metà giugno), tali visite si tengono ogni secondo sabato del mese (in concomitanza con la Mostra Mercato  dell’Antiquariato) alle ore 17.30, mentre in estate (metà giugno – metà settembre) hanno luogo tutti i mercoledì e venerdì sera alle 21.30 (in agosto anche il giovedì sera).

    Per partecipare alle visite guidate, è necessaria la prenotazione all’Archeoclub al numero: 339.8070687 – archeoclubfano@gmail.com .

  • Arco di Augusto e mura augustee

    Comunemente conosciuto come Arco di Augusto, non si trattava in realtà di un arco onorario, come quello di Traiano in Ancona, ma della principale porta d’accesso all’antica città di Fano, situata nel punto in cui la via Flaminia si andava a sovrapporre al decumano massimo della città.
    Il monumento fu realizzato nel 9 sec. d.C. secondo quanto riportato dall’iscrizione del fregio, probabilmente un tempo decorata con lettere bronzee dorate. Allo stesso periodo risalgono le mura di cinta volute dall’imperatore Cesare Ottaviano Augusto, oggi ancora in gran parte visibili e realizzate in occasione della fondazione della colonia romana di Julia Fanestris (poi Fanum Fortunae). L’Arco, in opus quadratum, si divide in un fornice centrale e due minori che servivano per i pedoni. Della struttura si conserva quasi perfettamente il corpo di base mentre l’attico pseudoporticato che si trovava in cima fu quasi completamente distrutto da Federico da Montefeltro durante l’assedio del 1463. Notizia dell’aspetto originario è ancora presente nel bassorilievo rinascimentale scolpito su un lato della facciata di S. Michele.

  • La Galleria del Furlo
    0721.700041
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: La Galleria del Furlo
    Lungo la Via Flaminia (l’antica via aperta nel 220 a.C., che portava da Roma a Rimini e oggi classificata come strada statale SS 3 nella parte Roma-Fano), sul tratto in cui questa costeggia il fiume Candigliano, si trova la celebre Gola del Furlo, divisa tra i Comuni di Fermignano ed Acqualagna. Questa valle pittoresca e suggestiva, formatasi in seguito a fenomeni erosivi tra i monti Pietralata e Paganuccio, è stata luogo di grandiosi lavori e teatro di grandi battaglie (a poca distanza si incontra il Metauro, lo storico fiume al quale la storia collega la sconfitta e la morte di Asdrubale). L’antica strada aggirava inizialmente la dorsale appenninica, seguendo un tracciato a picco sul fiume, sorretto da un possente muro di sostruzione e aggrappato al versante di Pietralata. A causa delle numerose frane e per permettere un maggior transito di persone e veicoli, tra il 76-77 d.C. l’imperatore Vespasiano fece costruire, a lato di un piccolo varco di epoca etrusca, una galleria, nel punto più stretto della Gola (detta petra pertusa o forulum, da qui Furlo); sull’entrata nord-est si conserva l’iscrizione che ne celebra la realizzazione IMP. CAESAR AUG. – VESPASIANUM PONT. MAX – TRIB. POT. VII IMP. XVII PP. COS. VIII – CENSOR FACIUND CURAVIT (l’ultima asta è probabilmente aggiunta).
    Il passaggio, tuttora utilizzato e quasi obbligato per coloro che da Roma vogliano raggiungere la costa adriatica, è lungo 38,30 m, largo 5,47 m e alto circa 6m e fu scavato nel calcare compatto, interamente con scalpelli e picconi; sulle pareti interne sono, infatti, ancora visibili i tagli effettuati nella roccia dagli intagliatori romani.
  • Ponte Mallio
    0721 780731 (Uff Cultura) - 0
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Ponte Mallio
    La denominazione di Ponte Mallio ha origine da una un’iscrizione (secondo alcuni falsa) che si trovava sul parapetto destro della costruzione, oggi scomparsa, e nella quale si dava notizia di un restauro dell’opera eseguito dal prefetto M. Allius.Il ponte, uno dei più importanti di quelli che si trovano sulla via consolare Flaminia, fu costruito vicino Cagli durante il periodo repubblicano e a tutt’oggi risulta in parte interrato, ma ancora quasi completamente intatto nonostante i secoli e il terremoto del 3 giugno del 1781 che distrusse gran parte della città di Cagli.La struttura si presenta ad un solo fornice centrale di 11, 66 m, composto da 21 cunei e sormontato da un cordolo aggettante. L’opera è stata realizzata attraverso la sovrapposizione a secco di grandi blocchi in breccione, localmente detto pietra grigna (un’antica cava si trovava lungo la via Flaminia, poco dopo Foci) mentre la parte in conci di pietra di corniola risale ad un intervento di restauro successivo, forse di epoca imperiale.
  • Domus dei Coiedii
    071.966524 - Per info e visite
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Domus dei Coiedii
    La Domus dei Coiedii è oggi parte del Parco Archeologico di Castelleone di Suasa e fu costruita in posizione centrale tra la zona del Foro e dell’Anfiteatro, affacciata sull’importante asse viario dell’antica città di Suasa. Si tratta di una struttura di grandi dimensioni appartenuta all’importante famiglia patrizia dei Coiedii, come confermato da un’iscrizione conservata nel Museo Archeologico della città e rinvenuta nella piscina natatoria dell’abitazione. La domus ha subito nel corso dei secoli diversi interventi edilizi che ne hanno modificato la struttura, la planimetria e le decorazioni. Il più importante risale al II sec. d.C. e fu realizzato dalla stessa famiglia dei Coiedii, forse nel suo momento di massima fortuna, attraverso un ampliamento dell’edificio effettuato a discapito delle dimore vicine.
    Contemporanei al periodo di maggior splendore della domus sono gli splendidi mosaici figurativi, come quelli a soggetto erotico di Leda e il Cigno, Eros e Pan o quello policromo di Tritoni e Nereidi. Al Museo Archeologico sono custoditi, invece, alcuni affreschi, eleganti esempi di pittura parietale del II sec. d.C. insieme ad alcuni rari esempi pittorici del II sec. a.C., di gusto molto simile al primo stile della pittura pompeiana.
  • Arco di Traiano
    0039
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Arco di Traiano

    L’arco di Traiano fu innalzato tra il 115-116 d.C. in onore dell’omonimo imperatore come ringraziamento per i lavori da lui realizzati a proprie spese per l’ampliamento e potenziamento del porto di Ancona. Si tratta di un’opera elegantissima che porta la firma di uno dei più importanti architetti dell’epoca, Apollodoro di Damasco; lo stesso architetto che firmò il progetto del grandioso Foro di Traiano a Roma. Dallo stesso porto di Ancona, Traiano partì alla volta della guerra in Dacia come testimoniato da una delle scene scolpite sulla Colonna Traiana.
    L’Arco è ad un solo fornice con due colonne corinzie su ambo i lati e, nella parte superiore, presenta un’iscrizione arricchita anticamente in bronzo come pure i fregi e i rostri che decoravano l’opera. Secondo la tradizione, l’attico era ornato dalla grande statua equestre di Traiano ai cui lati erano quella di sua moglie Plotina e della sorella Ulpia Marciana.

  • Anfiteatro romano
    071.5029811 - 071.202602
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Anfiteatro romano

    L'anfiteatro romano è stato realizzato nel periodo augusteo (fine I sec. a.C. - inizi I sec. d.C.) sulla sella collinare che sovrasta il porto e la città antica di Ancona; la morfologia del pendio ha condizionato la forma dell'ellisse non perfettamente regolare con asse maggiore che misura circa 93 metri (corrispondenti alla misura romana di mezzo stadio), l'asse minore di 74 metri (cento gradus) e l'arena di 52 metri (un actus e mezzo). La cavea, sviluppata su oltre venti gradinate disposte su tre ordini, poggiava in parte sulla roccia marnosa - tagliata per accogliere la struttura - e in parte su volte cementizie costruite in elevato.
    Si può calcolare che l'anfiteatro potesse accogliere fino a 10.000 spettatori e ciò suggerisce che l'edificio fosse destinato sia all'utenza cittadina sia a quella del contado, se non anche delle cittàromane più vicine. Le tecniche costruttive dell'anfiteatro di Ancona sono molteplici, spesso in mescolanza tra loro, a
    testimoniare sia alcuni "ripensamenti" in corso d'opera, sia fasi edilizie successive. Dopo l'abbandono in età tardo antica (IV d.C.), venne utilizzato come cava di materiali e, a partire dal XIII secolo, come base per nuove costruzioni che ne hanno nascosto la struttura. L'arco di ingresso ingloba, probabilmente, la porta monumentale di accesso all'acropoli di epoca greca che, anche per la sua valenza culturale, fu gelosamente conservata dall'architetto di età augustea.
    Adiacente all'anfiteatro è stato scavato parte di un complesso termale - un vasto ambiente (frigidario) con vasca rivestita di lastre di marmoree, pavimento a mosaico con iscrizione che menziona i duo viri della colonia augustea, da poco costituita, e pareti affrescate, e altri ambienti con resti del sistema di riscaldamento termale, eretti sopra un precedente lastricato stradale.
    Il rifugio Birarelli - rifugio antiaereo del carcere di santa Palazia (o "tunnel della morte "), fu costruito nei primi anni Quaranta dai detenuti del carcere. Concepito a protezione degli stessi detenuti, oltre che del personale del carcere, il rifugio fu un realtà aperto anche alla cittadinanza, e in particolare agli abitanti del quartiere Guasco - San Pietro; per questo era diviso in due parti da un piccola porta che separava i detenuti dalla popolazione. Durante il bombardamento della novembre 1943 il rifugio fu colpito da quattro bombe sganciate da bombardieri dell'Aviazione dell'esercito degli Sati Uniti, almeno due delle quali ebbero effetti sulle circa mille persone che in quel momento si trovavano all'interno, inclusi molti bambini e le orfànelle dell'Istituto Birarelli: i morti furono più di settecento (mai nella storia della guerra aerea si sono contate tante vittime civili in seguito a un bombardamento su un rifugioantiaereo). Il tunnel è stato riaperto nel novembre del 2013, a settanta anni da quei fatti, e al suointerno contiene anche preziose testimonianze di età romana.

  • Complesso di terrecotte architettoniche dell'area archeologica di Civitalba
    071.202602 (Biglietteria Muse
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Complesso di terrecotte architettoniche dell'area archeologica di Civitalba
    Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona.
    In località Civitalba, nella valle tra i fiumi Misa ed Esino, tra Arcevia e Sassoferrato, si trova l’area archeologica di Civitalba della quale risultano resti visitabili, ma presso la quale è stato rinvenuto un eccezionale complesso di terrecotte architettoniche. Parti del fregio e del frontone, conservati in frammenti, sono databili alla prima metà del II sec. a.C. e appartenevano probabilmente ad un tempio etrusco italico di tradizione ellenistica che faceva parte di un santuario d’altura.
    Le scene rappresentate, anche se di difficile lettura hanno comunque permesso di riconoscere una scena di saccheggio del santuario da parte dei Galli e raffigurazioni di Dioniso con satiri, menadi, amori, venti e varie divinità alla scoperta di Arianna dormiente. Lo scopo di questa scelta iconografica era naturalmente quello di fornire un prestigioso riferimento storico alle vicende belliche che avevano segnato la zona un secolo prima.

    Dopo essere stato esposto al Museo Civico di Bologna, il complesso di terracotte architettoniche è stato trasferito al Museo Nazionale delle Marche di Ancona dove si trova tuttora.
  • Testa del guerriero di Numana
    071.202602 (Biglietteria Museo
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Testa del guerriero di Numana

    La testa del guerriero di Numana, realizzata in pietra locale, si presenta di notevoli dimensioni (ca. 40 cm). Risalente secondo alcuni studiosi al VII sec. a.C., apparteneva sicuramente ad una statua funeraria monumentale di altezza eccezionale che doveva segnare la tomba di un eminente personaggio, identificato con un capo-guerriero per la presenza dell’elmo conico che costituiva un chiaro segno di distinzione e d’identificazione sociale.
    L’elmo ha una doppia fila di fori per il fissaggio della cresta e due coppie di fori alla base per il fissaggio di un rivestimento interno in materiale deperibile. La testa è oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale delle Marche.

  • Uovo di struzzo dalla Necropoli di Pitino di S. Severino Marche
    071.202602 (Biglietteria Muse
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Uovo di struzzo dalla Necropoli di Pitino di S. Severino Marche

    Si tratta di una oinochoe (vaso simile alla brocca, usato per versare vino) polimaterica, il cui corpo consiste in un uovo di struzzo decorato ad incisione, particolarmente tenue con un fregio figurato forse originariamente dipinto. Il vaso era completato da un alto collo, piede ed ansa probabilmente in legno, perduti e ricostruiti. Il collo era sormontato da un prezioso bocchello rappresentante una testa femminile in pregiato avorio intagliato. Il vaso, una sorta di raffinatissima e pregiatissima, delicatissima brocca veniva utilizzato per versare vino ed era chiaramente destinato a personaggi del più alto livello sociale.
    Una particolarità è rappresentata dalla decorazione figurata che, pur con le inevitabili zone d’ombra dovute alle lacune della superficie, è stata identificata con certezza come un gruppo di almeno tre scene riferibili ad episodi del repertorio mitico greco. Il dato è eccezionale, poiché proietta la comunità di Matelica all’interno di un nuovo quadro storico nel quale i Piceni non erano mai stati inseriti prima: la diffusione in Italia e in Etruria, tra la fine dell’VIII e durante il VII secolo a.C., del mito greco, spesso recepito in versioni non ancora canoniche e con incomprensioni, contaminazioni e aggiunte locali.

  • Necropoli picena e Tomba della Principessa
    071.9331162 (Antiquarium di Nu
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Necropoli picena e Tomba della Principessa

    Nell’area del Conero, tra Sirolo e Numana, importanti campagne di scavo iniziate negli anni ’60 hanno riportato alla luce diverse necropoli picene: tombe ad inumazione in fosse terragne rettangolari e sepolture monumentali, tombe a circolo del VI sec. a.C., gruppi di tombe racchiuse entro fossati anulari scavati nel terreno marmoso e tombe individuali del tipo a gradoni riferibili al V sec. a.C. Gli scavi hanno dimostrato la ricchezza archeologica di quest’area confermando come la zona di Numana fosse in età protostorica il centro più importante del Piceno.
    Delle tre aree di necropoli rinvenute (area Quagliotti-Davanzali di Sirolo, area cimitero-Montalbano di Numana; area dei i Pini di Sirolo), è stata musealizzata solo quella in Località dei Pini che risulta attualmente l’unica nelle Marche in cui sia possibile visitare un settore di una necropoli picena. Sono visibili tre circoli di cui il più grande (40 m di diametro) corrisponde ad una sepoltura femminile regale, databile al VI sec. a.C. e riportata alla luce nel 1989.
    Delle numerose tombe scoperte, quella della principessa di Sirolo, rappresenta un eccezionale ritrovamento archeologico non solo per lo studio del tipico rituale funerario piceno, ma soprattutto per il ricchissimo corredo recuperato. Presso l’Antiquarium di Numana è oggi possibile ammirare gran parte di questi numerosi e straordinari reperti, tra cui spiccano due carri (un calesse e una biga) e una kline decorata in avorio e ambra.

  • Area archeologica di Potentia
    071 7599767 (Comune)
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Area archeologica di Potentia

    In Località S. Maria di Porto Recanati si trova l’importante area archeologica dell’antica Potentia.
    La colonia romana fu fondata nel 184 a.C. ad opera di un collegio triumvirale composto da Quinto Fabio Labeone, Marco Fulvio Flacco e Quinto Fulvio Nobiliore. Creata anche - ma non solo - per corrispondere alle necessità di terra da distribuire ai veterani delle guerre puniche, la colonia sorse in posizione strategica, in un'area prossima ad un porto di foce sull'omonimo fiume Potentia, facilmente difendibile e proiettata verso i traffici mediterranei. Nel 56 a.C la colonia fu colpita da un fortissimo terremoto, secondo quanto riportato da Cicerone, dopo il quale seguì una fase di ricostruzione.
    Il periodo di maggior espansione urbanistica coincide con l’età augustea. Secondo quanto riportato dagli scavi, nel V sec. d.C. la città mostra ancora una certa vitalità fino ad arrivare al VII sec. periodo a partire dal quale testimonianze archeologiche non danno più alcuna notizia. L'impianto urbanistico, ricostruibile per gran parte solo grazie alla fotografia aerea, si presenta come uno spazio quadrangolare di 540 m di lunghezza per almeno 300 m di larghezza, impostato su un reticolo viario ortogonale. Sono visibili i resti di una domus con pavimenti musivi e pareti affrescate, i portici del foro con le annesse tabernae e un tempio su alto podio che ha restituito numerose terrecotte architettoniche.

  • Teatro romano di Helvia Recina
    Nella zona oggi occupata dall’odierna Villa Potenza, sorgeva l’antica città di Helvia Ricina risalente al III sec. a.C. (sono state individuate anche tracce di età preistorica), ma fondata ufficialmente come colonia Helvia Ricina Pertinax solo nel 220 d.C. dall’imperatore Settimio Severo in ricordo del suo predecessore Pertinace. Fu Plinio il Vecchio, nel I sec. d.C., a menzionare per la prima volta questo antico insediamento come uno tra i centri più importanti del Piceno. A questo periodo appartengono i resti di uno dei suoi più importanti edifici come l’antico teatro romano, risalente al II sec. d.C. e riportato alla luce nel 1938 dall’Inglieri. Rimangono anche alcuni tratti di una strada lastricata e di un serbatoio dell’acquedotto cittadino.
    La struttura semicircolare di circa 72 m di diametro, costruita secondo il modello descritto da Vitruvio nel De Architectura, fu realizzata su terreno pianeggiante con gradinate disposte su tre ordini differentemente da quello di Urbs Salvia, realizzato in collina secondo la tradizione greca. Secoli di incuria, invasioni barbariche e saccheggi hanno segnato la storia dell’antica città e di tutti i suoi monumenti, compreso il teatro di cui rimangono tracce del proscenio, della scena e dell’orchestra.
  • Globo di Matelica
    0737.787244, 328.5459205 (Muse
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Globo di Matelica

    C’è più di un motivo per fare una visita alle straordinarie terre del Verdicchio, ma per gli appassionati di archeologia sicuramente ce n’è uno in particolare, il Globo di Matelica. Si tratta di una sfera quasi perfetta di circa 29 cm di diametro in marmo greco, rinvenuta nel 1985 durante i lavori di consolidamento del duecentesco Palazzo Pretorio di Matelica.
    Questo eccezionale reperto del I-II sec. d.C., oggi esposto nel Museo Civico Archeologico della città, rappresenta attualmente un unicum nel panorama archeologico; esiste solo un esemplare, apparentemente simile, rinvenuto nel 1939 da Carl W. Blegen al Museo di Napflion in Grecia.
    Il Globo rappresenta una sorta di orologio solare realizzato in un marmo particolare cristallino e proveniente dalla cava di Afrodisias in località Efeso, nell’attuale Turchia. È diviso perfettamente a metà da una linea centrale mentre sulla sua sommità sono tre cerchi concentrici di vario diametro, intersecati da un arco di cerchio e sui quali sono ancora visibili parole in antico alfabeto greco, e 13 fori, contrassegnati ciascuno da una lettera greca, nei quali probabilmente venivano inseriti degli strumenti che avrebbero dovuto proiettare la loro ombra in corrispondenza di linee orarie. Il centro dei cerchi presenta un’altezza dall’orizzonte pari a 44,9 gradi; sembrerebbe, quindi, che la sfera sia stata realizzata per una altitudine compatibile con quella di Matelica.
    Nella parte inferiore si trova una grossa depressione conica che termina con un grosso foro rettangolare forse realizzato per fissare la sfera su una base. Se, per quanto riguarda le funzioni della sfera, è ormai certo un uso per calcoli astronomici e cronologici come il calcolo delle ore del giorno, la data di Equinozi e Solstizi, calendario ed entrata del sole nelle varie costellazioni zodiacali, molti dubbi vanno ancora sciolti su altre questioni: chi l’abbia realizzata, lo scopo e soprattutto sul motivo della presenza di un oggetto, originario della Grecia, nella zona di Matelica.

    A seguito dei danni causati dal sisma del 2016, il Globo è temporanemente ospitato presso il Museo Piersanti, dove a breve sarà accessibile al pubblico.
    Per info: Museo Piersanti - Via Umberto I, 11
    www.museopiersanti.it
    Tel. 389.6013340

  • Tempio - criptoportico augusteo della Salus Augusta
    0733.202942 – 0733.506566
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Tempio - criptoportico augusteo della Salus Augusta
    Il complesso, di notevole interesse archeologico, faceva parte di un santuario risalente al periodo tiberiano (prima metà del I sec. d.C.) e dedicato alla dea Salus Augusta secondo quanto attesterebbe la scritta Salus Augustae Salviensis presente sui bolli laterizi.L’insieme si componeva di un Tempio prostilo esastilo, situato sopra un podio monumentale, nel quale era ospitato il simulacro della divinità e da un criptoportico che lo circondava, caratterizzato da struttura semisotterranea divisa in quattro gallerie, tre delle quali erano divise in due navate.
    Le pareti erano riccamente decorate con affreschi, divise in tre fasce, ancora perfettamente leggibili nel braccio meridionale, raffiguranti scene di caccia e naturalistiche, maschere lunari, motivi iconografici legati alla propaganda augustea.
    Nelle sale interne del Museo Archeologico Statale di Urbisaglia è custodito il materiale ceramico rinvenuto nel Criptoportico e riprodotta fotograficamente in scala la porzione di parete affrescata del Criptoportico finora rimessa in luce.
  • Anfiteatro romano
    0733.202942 - 071.5029811 - 07
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Anfiteatro romano
    L’Anfiteatro ("amphì" dal greco antico "intorno") dell’antica colonia augustea di Urbs Salvia fu costruito nell’ 81 d.C. in una zona extraurbana vicino alla Salaria Gallica. Notizie più precise ci vengono fornite da due iscrizioni rinvenute nell’area dell’edificio, oggi conservate nel Museo Archeologico Statale di Urbisaglia, secondo le quali la struttura fu realizzata da un certo Lucio Flavio Silva Nonio Basso (senatore e generale di Tito, nativo di Urbs Salvia) e poteva contenere fino a 5150 spettatori (l’arena è lunga 59 e larga 35 metri). Il monumento si presenta di forma ellittica e realizzato in opera cementizia con rivestimento lapideo.
    Secondo la tradizione, qui si svolgevano spettacoli pubblici, spesso cruenti e sanguinosi: i famosi giochi tra gladiatori o le venationes (spettacoli che comprendevano la caccia e l’uccisione di animali selvatici).
    L’edificio appare come uno dei meglio conservati delle Marche e si mantiene, attualmente, per tutto il suo perimetro fino all’altezza del primo ordine di gradini. Si può ancora riconoscere la Porta Libitinensis, porta dedicata a Libitina (dea della Morte) dalla quale venivano fatti uscire i gladiatori caduti durante i combattimenti nell’arena. L’Anfiteatro gode, oggi, di nuova vita grazie alle stagioni di teatro antico che qui si svolgono ogni estate.
  • Teatro Romano
    Tra le varie emergenze monumentali presenti all’interno del Parco archeologico di Urbisaglia, particolare attenzione merita il teatro romano dell’antica città di Urbs Salvia. L’edificio, risalente al I sec. d.C., costituisce una testimonianza storico-artistica di grande valore non solo in quanto risulta uno dei teatri classici più grandi d’Italia, ma anche perché è l’unico che abbia conservato importanti tracce di decorazione in stile pompeiano.Situato in posizione dominante sul pendio collinare, fu realizzato in opera laterizia con nucleo cementizio secondo tecniche costruttive di derivazione greca. Sono ancora evidenti le caratteristiche strutturali dell’edificio come la scena (con le entrate della Porta Regia per gli attori e le Portae Hospitales), i parascaenia (o basilicae) e la parte della cavea. Recenti scavi hanno messo in luce i resti di quello che era la Porticus Post Scaenam, un ampio porticato quadrangolare che accoglieva gli spettatori durante le pause.Nel Museo Archeologico Statale di Urbisaglia si conservano alcuni dei ritratti e sculture rinvenuti nel Teatro.
  • Museo Archeologico di Torre di Palme
    0734 53119
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Museo Archeologico di Torre di Palme
    Il museo inaugurato nell’aprile 2019, arricchisce il già ricco percorso museale fermano. Vi si accede dal Piazzale della Rocca, punto principale di accesso al borgo e si compone, al momento, di tre stanze in cui sono esposti i corredi funerari di tre delle venti tombe rinvenute in contrada Cugnolo, nei pressi della frazione nel versante sud del borgo.

    La visita consente di comprendere l’importanza dell’abitato piceno e gli usi e costumi di questa popolazione che abitò la zona fermana prima della colonizzazione romana avvenuta nel 264 a.C.

    I reperti esposti sono frutto degli scavi svolti dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche con il sostegno della Edison E&P Spa. La realizzazione del museo è stata fortemente voluta dal Comune di Fermo.

    Nella prima sala, dove hanno sede anche il punto informativo e la biglietteria, è esposta la tomba più antica della necropoli, risalente all’età del bronzo (IX-VII secolo a.C.), di un giovane, di età compresa tra i 17 e i 21 anni, sepolto con il suo piccolo corredo: un pugnale in lega di rame e un manufatto in selce.

    La seconda sala ospita la ricostruzione fedele di una tomba appartenuta ad una donna di circa 40 anni, vissuta nel VI secolo a.C., che doveva rivestire un ruolo di prestigio all'interno della comunità. La tomba è, infatti, la più ricca fra quelle rinvenute negli scavi, si caratterizza per l'abbondanza del corredo e per la presenza, sul bacino, del tipico anellone piceno in bronzo a quattro nodi, tipico delle sepolture di donne di rango nel territorio piceno meridionale.

    La terza sala è dedicata ai resti di una tomba infantile databile al VI secolo a.C., probabilmente di sesso femminile, come si può ipotizzare dalla ciprea (valva di conchiglia) e dal pendaglio con i cavallini tipici delle sepolture femminili, con funzione, probabilmente, di amuleti. Numerosi infine i reperti in ambra.
  • Teatro Romano di Falerone
    +39 3335816389
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Teatro Romano di Falerone
    Testimonianza dell’antica città romana di Falerio Picenus, il teatro rappresenta il monumento meglio conservato delle Marche nonostante gran parte della sua decorazione sia stata oggetto di saccheggi. Il monumento si trova oggi nel Parco Archeologico di Falerone, all’estremità orientale dell’area urbana e presenta una cavea di 49,20 m diametro. La struttura è databile al periodo augusteo e, secondo quanto riportato anche da Svetonio, fu abbellita verso la metà del II sec. d.C. dalle statue donate da Antonia Picentina, sacerdotessa della Diva Faustina, moglie di Antonino Pio. Il teatro si presenta ancora oggi come un monumentale edificio isolato in mezzo alla campagna, all’ombra di una quercia e al termine di un breve vialetto.
    Sono ancora visibili, grazie anche ai recenti restauri, il primo e il secondo ordine delle gradinate, parte dell’edificio scenico, il prospetto del proscenio a nicchie circolari e rettangolari, alternate alla base del muro del frontescena. Isolato in mezzo alla campagna, il teatro è oggi sede di importanti stagioni teatrali.
    Molti dei reperti rinvenuti nella zona sono oggi conservati al Museo Civico Archeologico di Falerone, momento di integrazione e completamento alla visita del Parco.
  • Mosaico policromo con erma bifronte
    0736.253562
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Mosaico policromo con erma bifronte
    Nella sezione del Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno dedicata allo sviluppo urbanistico della città e delle sue necropoli è possibile ammirare lo splendido mosaico policromo con erma bifronte pertinente una domus romana rinvenuta sotto il Palazzo di Giustizia.
  • Ponti della Via Salaria
    0736.298334
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Ponti della Via Salaria
    Il Ponte sul torrente Garrifo ad Acquasanta Terme fu il primo di quelli costruiti sulla Via Salaria (l’antica Via Consolare che collegava Roma al Mare Adriatico e che serviva per il trasporto del sale) e permetteva l’ingresso dell’antica strada consolare ad Acquasanta Terme. La struttura originaria, risalente probabilmente al periodo augusteo, è stata realizzata in travertino locale (le pile sono lavorate fino all'imposta con un bugnato rustico) e si presenta ad un unico arco con 10.50 metri di luce e una larghezza di 3.40 metri. Successivamente, nella prima metà del sec. XIX, fu edificato sulla struttura viva del ponte antico un viadotto a sei arcate di gusto neoclassico, progettato dall'ingegnere Gabriele Gabrielli (1809-1850).Risalente all’età repubblicana, è il Ponte di Cecco sul fiume Castellano di Ascoli Piceno a lungo ritenuto di epoca medievale. Secondo una leggenda fu costruito in una sola notte dal celebre letterato e astrologo Cecco d'Ascoli con l'aiuto del diavolo. La struttura, realizzata con conci di pietra, si presenta con due arcate. Distrutto durante la seconda guerra mondiale fu ricostruito con il materiale originario nel 1971.L’aspetto attuale del Ponte di Arli, denominato anche Ponte Vecchio, risale al 1580 quando venne ricostruito dopo che una piena del fiume Tronto distrusse la costruzione precedente di epoca romana; di questa rimane solo un possente blocco in tufo, la base di un pilone.Il Ponte augusteo di Porta Cappuccina sul fiume Tronto è uno dei più grandi ponti romani per ampiezza (oltre 22 metri) e uno dei più rappresentativi della tecnica costruttiva romana. La struttura, che ha conservato integralmente le sue caratteristiche costruttive, è stata realizzata in opus quadratum in travertino a murazione liscia. Nel corso degli anni ha subito diversi interventi di restauro e opere di consolidamento delle quali l’ultima, e più importante, è stata realizzata nel 1938 e durante la quale furono riportati alla luce diversi lastricati stradali. Dalle linee architettoniche semplici ed eleganti, la costruzione è ad un solo arco di 22 metri, lunga 62 m e larga 6.50 m, composta da uno zoccolo di 5 metri sul quale si innalza un ordine di pilastri addossati alla roccia. Il ponte è oggi percorribile dall’interno grazie un corridoio di ispezione e attraversa il fiume Tronto collegando il centro della città con il quartiere di Porta Cappuccina.