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Marche archeologiche

Un viaggio nel passato
Scoprire le Marche e la loro cultura è un'esperienza affascinante e coinvolgente: la cultura marchigiana è un intreccio di storia, arte, tradizioni che si offrono al viaggiatore...

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Livello di difficoltà: media
Target: Benessere

Le tappe dell'itinerario

  • Area archeologica di Colombarone
    0721 387541 / 0721 387357
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Area archeologica di Colombarone
    Quella di Colombarone è un’area archeologica ‘unica’ perché immersa nel verde del Parco San Bartolo. 25 anni di ricerche - gli scavi sono iniziati nel 1983 a cura dell’Università degli Studi di Bologna - hanno permesso di scoprire una storia di molti secoli, da cui sono emerse una ricca villa tardoantica, una basilica - San Cristoforo ad Aquilam - e una pieve. Risalente alla fine del III secolo d.C..
  • Pesaro – Iscrizione bilingue etrusco – latina di età augustea
    0721.33344
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Pesaro – Iscrizione bilingue etrusco – latina di età augustea
    Si tratta di un’iscrizione bilingue etrusco-latina di età augustea, oggi al Museo Archeologico Oliveriano di Pesaro, che fu redatta molto probabilmente in due momenti diversi e rinvenuta nel 1523 verso la fine dell’attuale via Branca, all’altezza di via Maternità, non lontano da dove sorgeva un tempo l’antica Porta Curina (o Collina).
    Il museo merita una visita per la rilevanza del suo patrimonio archeologico anche se di piccole dimensioni. Da segnalare un monumento nel suo genere unico, nonché singolare, una rosa dei venti o anemoscopio in marmo lunense con planisfero celeste (II secolo d.C.), rinvenuto a Roma nel 1759 fuori Porta Capena lungo la via Appia e rimasto ignorato e nascosto per lungo tempo fra pietre di nessuna importanza in un magazzino del palazzo Almerici; alcuni bassorilievi in pasta di vetro, il più grande dei quali rappresenta il dio Mitra uccisore del toro (tauroctono); tre stele in arenaria, trovate rispettivamente a San Nicola di Valmanente nel 1860 la prima, in località Tomba presso Novilara nel 1866 la seconda, e nella necropoli nel 1892 la terza: tutte risalenti al periodo compreso fra l’VIII e il VI secolo a.C. e particolarmente famose, in special modo la prima, per alcune figure tracciate sulla faccia anteriore da un anonimo artista.
  • Basilica di Vitruvio

    Notizie della basilica ci arrivano dallo stesso Vitruvio che nel I capitolo del V Libro del De Architectura descrive la basilica da lui realizzata nell’antica colonia romana di Julia Fanestris fornendoci proporzioni precise, dettagli architettonici e decorativi della struttura di cui, però, oggi non rimane traccia alcuna. L’importanza di tale fonte non riguarda solo la sua presenza all’interno di un trattato così importante per tutta l’architettura occidentale, ma soprattutto per il fatto che si reputa l’unica opera di cui Vitruvio riconosce la paternità. Dal punto di vista tipologico, la Basilica di Fano rappresenta un’eccezione al paradigma normativo dell’edificio basilicale teorizzato dallo stesso architetto nel trattato. Fin da quando fu pubblicata nel 1486 l’Editio princeps del De Architectura, numerosi sono stati i tentativi di trattatisti, archeologi e architetti di ricostruire l’aspetto originario, almeno in pianta, della basilica; tra tutti ricordiamo il più famoso, l’architetto Andrea Palladio.
    Molte sono state le campagne di scavo condotte per rinvenire prove dell’esistenza della struttura fino a quella recente del 1840 che ha riportato alla luce imponenti parti di un edificio romano sotto l’ex convento degli Agostianiani, immediatamente attribuiti alla famosa Basilica di Vitruvio. Non ci sono, al momento, sufficienti studi scientifici che possano comprovare un rapporto tra questi resti e la basilica anche se recentemente sono state avviate nuove ricerche sul sito archeologico di S. Agostino e proposto un modello virtuale completo della struttura. Nel 2010 è stato fondato il Centro Studi Vitruviani dedicato all’opera vitruviana e all’architettura classica.

    Gli edifici romani rinvenuti nei sotterranei della Chiesa di Sant’Agostino sono ad oggi visibili grazie all’Archeoclub di Fano, che organizza visite guidate tutto l’anno.

    Nel periodo invernale (metà settembre – metà giugno), tali visite si tengono ogni secondo sabato del mese (in concomitanza con la Mostra Mercato  dell’Antiquariato) alle ore 17.30, mentre in estate (metà giugno – metà settembre) hanno luogo tutti i mercoledì e venerdì sera alle 21.30 (in agosto anche il giovedì sera).

    Per partecipare alle visite guidate, è necessaria la prenotazione all’Archeoclub al numero: 339.8070687 – archeoclubfano@gmail.com .

  • Parco Archeologico di Forum Sempronii
    0721.723263 - 340.8245162 (Pun
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Parco Archeologico di Forum Sempronii

    La zona archeologica occupa un ampio terrazzo fluviale posto alla sinistra del Metauro e delimitato a occidente dal fosso della Cesana (o rio di San Martino), lungo la Strada Statale 3 Flaminia.

    Gli scavi hanno dimostrato che il pianoro su cui sorse Forum Sempronii era già frequentato, se non occupato in forma stabile e continuativa, fin dal periodo piceno, con modalità al momento non ancora ben definite: le ipotesi avanzate propendono per un vero e proprio abitato o almeno per un centro di mercato, dato che qui si incontravano importanti direttrici viarie di età protostorica legate anche alla transumanza.

    Il nome stesso del centro romano alla lettera significa “Foro di Sempronio”, dove il termine Forum indica propriamente un luogo di mercato, evidenziandone la naturale vocazione commerciale.

    Questo stretto legame con la rete stradale si rafforza in età romana, per la connessione di questo abitato con la viabilità dell’epoca e la sua collocazione equidistante rispetto ad altri importanti centri della regione.

    Ingresso gratuito

    Su richiesta, presso la Soprintendenza. Su richiesta, Ispettore Onorario (Direttore del Museo Civico “A Vernarecci” - tel 0721 714645)




  • La Galleria del Furlo
    0721.700041
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: La Galleria del Furlo
    Lungo la Via Flaminia (l’antica via aperta nel 220 a.C., che portava da Roma a Rimini e oggi classificata come strada statale SS 3 nella parte Roma-Fano), sul tratto in cui questa costeggia il fiume Candigliano, si trova la celebre Gola del Furlo, divisa tra i Comuni di Fermignano ed Acqualagna. Questa valle pittoresca e suggestiva, formatasi in seguito a fenomeni erosivi tra i monti Pietralata e Paganuccio, è stata luogo di grandiosi lavori e teatro di grandi battaglie (a poca distanza si incontra il Metauro, lo storico fiume al quale la storia collega la sconfitta e la morte di Asdrubale). L’antica strada aggirava inizialmente la dorsale appenninica, seguendo un tracciato a picco sul fiume, sorretto da un possente muro di sostruzione e aggrappato al versante di Pietralata. A causa delle numerose frane e per permettere un maggior transito di persone e veicoli, tra il 76-77 d.C. l’imperatore Vespasiano fece costruire, a lato di un piccolo varco di epoca etrusca, una galleria, nel punto più stretto della Gola (detta petra pertusa o forulum, da qui Furlo); sull’entrata nord-est si conserva l’iscrizione che ne celebra la realizzazione IMP. CAESAR AUG. – VESPASIANUM PONT. MAX – TRIB. POT. VII IMP. XVII PP. COS. VIII – CENSOR FACIUND CURAVIT (l’ultima asta è probabilmente aggiunta).
    Il passaggio, tuttora utilizzato e quasi obbligato per coloro che da Roma vogliano raggiungere la costa adriatica, è lungo 38,30 m, largo 5,47 m e alto circa 6m e fu scavato nel calcare compatto, interamente con scalpelli e picconi; sulle pareti interne sono, infatti, ancora visibili i tagli effettuati nella roccia dagli intagliatori romani.
  • Museo Civico Antiquarium Tifernum Mataurense e area archeologica Domus del mito
    0722 819914
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Museo Civico Antiquarium Tifernum Mataurense e area archeologica Domus del mito
    La trecentesca chiesa di Santa Maria extra muros ed il complesso monastico, di recente oggetto di restauro, sono la sede di un sito museale contenente reperti ed opere d’arte che raccontano l’identità della cittadina vadese. La sezione archeologica presenta materiale riconducibile al Neolitico e all’epoca romana: lapidario e statuaria, oltre a materiali d’uso comune, emersi dagli scavi condotti nella Domus del Mito, una vasta area di circa 1.000 mq.
  • Ponte Mallio
    0721 780731 (Uff Cultura) - 0
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Ponte Mallio
    La denominazione di Ponte Mallio ha origine da una un’iscrizione (secondo alcuni falsa) che si trovava sul parapetto destro della costruzione, oggi scomparsa, e nella quale si dava notizia di un restauro dell’opera eseguito dal prefetto M. Allius.Il ponte, uno dei più importanti di quelli che si trovano sulla via consolare Flaminia, fu costruito vicino Cagli durante il periodo repubblicano e a tutt’oggi risulta in parte interrato, ma ancora quasi completamente intatto nonostante i secoli e il terremoto del 3 giugno del 1781 che distrusse gran parte della città di Cagli.La struttura si presenta ad un solo fornice centrale di 11, 66 m, composto da 21 cunei e sormontato da un cordolo aggettante. L’opera è stata realizzata attraverso la sovrapposizione a secco di grandi blocchi in breccione, localmente detto pietra grigna (un’antica cava si trovava lungo la via Flaminia, poco dopo Foci) mentre la parte in conci di pietra di corniola risale ad un intervento di restauro successivo, forse di epoca imperiale.
  • Giacimento Paleolitico di Ponte Pietra
    0731.9622
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Giacimento Paleolitico di Ponte Pietra
    In località Ponte Pietra si trova un accampamento paleolitico situato su un pianoro fluviale formato dal fiume Misa e dai suoi affluenti. La grande quantità di materiali rinvenuta, ospitati in una sezione del Museo Archeologico Statale di Arcevia (oltre che al Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona), ha restituito manufatti litici che avrebbero rilevato diversi livelli di presenza antropica, confermati anche da tracce di focolare. La presenza di materiali in selce non finiti permetterebbero, inoltre, di interpretare il sito come officina di lavorazione della selce.
  • Località Croce Guardia - Insediamento dell’Età del Bronzo
    0731.9622
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Località Croce Guardia - Insediamento dell’Età del Bronzo
    Al Bronzo finale appartiene l'abitato di Monte Croce Guardia che si estendeva su una vasta area del monte che sovrasta Arcevia. Del vasto insediamento sono state scavate alcune capanne ricavate nella roccia, la cui struttura era probabilmente costituita da un alzato ligneo. L’insediamento di Monte Croce Guardia, indagato con due campagne di scavo, è un abitato di altura di età protovillanoviana (XII-X sec. a.C.), di cui sono state individuate alcune capanne con il fondo scavato nella roccia e la cui posizione elevata rivela una scelta strategica per scopi difensivi. I reperti qui rinvenuti documentano attività artigianali quali la lavorazione dell’osso e del corno (di cervo), e una produzione metallurgica.
    L'abitato di Monte Croce Guardia a cui è dedicata una sezione nel Museo Archeologico Statale di Arcevia riveste particolare importanza per la conoscenza della cultura protovillanoviana, considerata anche negli aspetti abitativi e nel rapporto con la necropoli di Pianello di Genga, nella vicina Gola del Sentino.
  • Parco Archeologico di Suasa Senonum e Domus dei Coiedii
    071.966524 - Per info e visite
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Parco Archeologico di Suasa Senonum e Domus dei Coiedii
    Il Parco Archeologico di Suasa è posto lungo la Valle del Cesano, ai lati della strada di fondovalle che collega la costa agli Appennini, che costituiva anche in epoca romana l’arteria principale della città romana. Il municipium di Suasa, poco conosciuto mediante le fonti antiche, costituiva tuttavia un centro importante della valle, a vocazione soprattutto commerciale a servizio di un grande territorio a vocazione agricola. Anche se non scavato nella sua completezza, l’antico abitato era stretto e lungo, chiuso ai margini fra il corso del fiume Cesano a ovest e le basse colline a est, ai piedi delle quali, alla fine del I sec. d.C., fu costruito un vasto anfiteatro (m 98 x 77), uno dei più grandi della regione, capace di accogliere diverse migliaia di spettatori.
    Lungo la strada principale della città si allungava per circa 100 metri, con forma rettangolare, il Foro commerciale. Di esso è stata scavata meno della metà, ma la struttura originaria è già comprensibile: una grande piazza, delimitata da strade ortogonali, e fiancheggiata su tre lati da vaste botteghe e laboratori bordati da portici a pilastri. Se i resti degli edifici pubblici non sono numerosissimi, più completo è il panorama sull’edilizia privata: sono attestate strutture abitative sin dalla metà del II sec. a.C.
    Il complesso residenziale più ricco e più noto della città è certamente costituito dalla domus dei Coiedii (una ricca famiglia senatoria di Suasa, discendente da Lucius Coiedius Candidus, generale dell’esercito dell’imperatore Claudio), la cui utilizzazione va dal II sec. a.C. al V sec. d.C.La Domus dei Coiedii è oggi parte del Parco Archeologico di Castelleone di Suasa e fu costruita in posizione centrale tra la zona del Foro e dell’Anfiteatro, affacciata sull’importante asse viario dell’antica città di Suasa. Si tratta di una struttura di grandi dimensioni appartenuta all’importante famiglia patrizia dei Coiedii, come confermato da un’iscrizione conservata nel Museo Archeologico della città e rinvenuta nella piscina natatoria dell’abitazione. La domus ha subito nel corso dei secoli diversi interventi edilizi che ne hanno modificato la struttura, la planimetria e le decorazioni. Il più importante risale al II sec. d.C. e fu realizzato dalla stessa famiglia dei Coiedii, forse nel suo momento di massima fortuna, attraverso un ampliamento dell’edificio effettuato a discapito delle dimore vicine.
    Contemporanei al periodo di maggior splendore della domus sono gli splendidi mosaici figurativi, come quelli a soggetto erotico di Leda e il Cigno, Eros e Pan o quello policromo di Tritoni e Nereidi. Al Museo Archeologico sono custoditi, invece, alcuni affreschi, eleganti esempi di pittura parietale del II sec. d.C. insieme ad alcuni rari esempi pittorici del II sec. a.C., di gusto molto simile al primo stile della pittura pompeiana.
  • Uovo di struzzo dalla Necropoli di Pitino di S. Severino Marche
    071.202602 (Biglietteria Muse
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Uovo di struzzo dalla Necropoli di Pitino di S. Severino Marche

    Si tratta di una oinochoe (vaso simile alla brocca, usato per versare vino) polimaterica, il cui corpo consiste in un uovo di struzzo decorato ad incisione, particolarmente tenue con un fregio figurato forse originariamente dipinto. Il vaso era completato da un alto collo, piede ed ansa probabilmente in legno, perduti e ricostruiti. Il collo era sormontato da un prezioso bocchello rappresentante una testa femminile in pregiato avorio intagliato. Il vaso, una sorta di raffinatissima e pregiatissima, delicatissima brocca veniva utilizzato per versare vino ed era chiaramente destinato a personaggi del più alto livello sociale.
    Una particolarità è rappresentata dalla decorazione figurata che, pur con le inevitabili zone d’ombra dovute alle lacune della superficie, è stata identificata con certezza come un gruppo di almeno tre scene riferibili ad episodi del repertorio mitico greco. Il dato è eccezionale, poiché proietta la comunità di Matelica all’interno di un nuovo quadro storico nel quale i Piceni non erano mai stati inseriti prima: la diffusione in Italia e in Etruria, tra la fine dell’VIII e durante il VII secolo a.C., del mito greco, spesso recepito in versioni non ancora canoniche e con incomprensioni, contaminazioni e aggiunte locali.

  • Testa del guerriero di Numana
    071.202602 (Biglietteria Museo
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Testa del guerriero di Numana

    La testa del guerriero di Numana, realizzata in pietra locale, si presenta di notevoli dimensioni (ca. 40 cm). Risalente secondo alcuni studiosi al VII sec. a.C., apparteneva sicuramente ad una statua funeraria monumentale di altezza eccezionale che doveva segnare la tomba di un eminente personaggio, identificato con un capo-guerriero per la presenza dell’elmo conico che costituiva un chiaro segno di distinzione e d’identificazione sociale.
    L’elmo ha una doppia fila di fori per il fissaggio della cresta e due coppie di fori alla base per il fissaggio di un rivestimento interno in materiale deperibile. La testa è oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale delle Marche.

  • Complesso di terrecotte architettoniche dell'area archeologica di Civitalba
    071.202602 (Biglietteria Muse
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Complesso di terrecotte architettoniche dell'area archeologica di Civitalba
    Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona.
    In località Civitalba, nella valle tra i fiumi Misa ed Esino, tra Arcevia e Sassoferrato, si trova l’area archeologica di Civitalba della quale risultano resti visitabili, ma presso la quale è stato rinvenuto un eccezionale complesso di terrecotte architettoniche. Parti del fregio e del frontone, conservati in frammenti, sono databili alla prima metà del II sec. a.C. e appartenevano probabilmente ad un tempio etrusco italico di tradizione ellenistica che faceva parte di un santuario d’altura.
    Le scene rappresentate, anche se di difficile lettura hanno comunque permesso di riconoscere una scena di saccheggio del santuario da parte dei Galli e raffigurazioni di Dioniso con satiri, menadi, amori, venti e varie divinità alla scoperta di Arianna dormiente. Lo scopo di questa scelta iconografica era naturalmente quello di fornire un prestigioso riferimento storico alle vicende belliche che avevano segnato la zona un secolo prima.

    Dopo essere stato esposto al Museo Civico di Bologna, il complesso di terracotte architettoniche è stato trasferito al Museo Nazionale delle Marche di Ancona dove si trova tuttora.
  • Necropoli picena e Tomba della Principessa
    071.9331162 (Antiquarium di Nu
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Necropoli picena e Tomba della Principessa

    Nell’area del Conero, tra Sirolo e Numana, importanti campagne di scavo iniziate negli anni ’60 hanno riportato alla luce diverse necropoli picene: tombe ad inumazione in fosse terragne rettangolari e sepolture monumentali, tombe a circolo del VI sec. a.C., gruppi di tombe racchiuse entro fossati anulari scavati nel terreno marmoso e tombe individuali del tipo a gradoni riferibili al V sec. a.C. Gli scavi hanno dimostrato la ricchezza archeologica di quest’area confermando come la zona di Numana fosse in età protostorica il centro più importante del Piceno.
    Delle tre aree di necropoli rinvenute (area Quagliotti-Davanzali di Sirolo, area cimitero-Montalbano di Numana; area dei i Pini di Sirolo), è stata musealizzata solo quella in Località dei Pini che risulta attualmente l’unica nelle Marche in cui sia possibile visitare un settore di una necropoli picena. Sono visibili tre circoli di cui il più grande (40 m di diametro) corrisponde ad una sepoltura femminile regale, databile al VI sec. a.C. e riportata alla luce nel 1989.
    Delle numerose tombe scoperte, quella della principessa di Sirolo, rappresenta un eccezionale ritrovamento archeologico non solo per lo studio del tipico rituale funerario piceno, ma soprattutto per il ricchissimo corredo recuperato. Presso l’Antiquarium di Numana è oggi possibile ammirare gran parte di questi numerosi e straordinari reperti, tra cui spiccano due carri (un calesse e una biga) e una kline decorata in avorio e ambra.

  • Mura urbiche in opus quadratum e Fonte Magna
    071.7236664
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Mura urbiche in opus quadratum e Fonte Magna
    Le mura urbiche di Osimo rappresentano la testimonianza più importante dell’impianto urbanistico dell’antica colonia romana di Auximum, sorta nel II sec. d.C. sul sito di un precedente abitato protostorico, sul colle della catena collinare tra le valli del Musone e dell’Aspio.La costruzione di questa straordinaria cinta muraria fu promossa per iniziativa di un’aristocrazia senatoria e rispondente, quindi, agli scopi funzionali e utilitaristici di una politica di tipo clientelare. Lo storico Livio riporta, infatti la notizia che furono i censori Q. Fulvius Flaccus e A. Postumius Albinus, in carica nel 174 a.C., ad appaltare i lavori di costruzione dell’opera e delle tabernae intorno al foro, grazie al ricavato della vendita dei terreni pubblici. Le mura si conservano per ampi tratti, soprattutto sotto il Convento di S. Francesco. L’opera fu realizzata con grandi blocchi rettangolari di tufo secondo la tecnica costruttiva dell’opus quadratum.
    Le porte urbiche erano tre: Porta Vetus Auximum sulla strada di Ancona, Porta Musone (di cui rimangono resti in corrispondenza dell’attuale porta) sulla strada per Cingulum, Aesis e Trea e una porta per Potentia, oggi non visibile.Presso il centro di Osimo, si trova la Fonte Magna alla quale si accedeva per mezzo di una scalinata che scendeva dall’omonima via. La tradizione fa risalire il suo nome a Pompeo Magno, passato in questa zona durante la guerra civile contro Cesare, anche se è più probabile derivi dal fatto di essere stata una delle principali fonti di approvvigionamento idrico della città.Si tratta di una costruzione che riveste grande importanza nel panorama archeologico marchigiano, in quanto è uno dei pochi monumenti citati da fonti storiche. La Fonte Magna viene ricordata da Procopio di Cesarea nel suo De Bello Gotico come obbiettivo strategico del comandante bizantino Belisario che voleva espugnare la città occupata dai Goti. 
  • Località Conelle - Fossato difensivo dell' Eneolotico
    0731.9622
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Località Conelle - Fossato difensivo dell' Eneolotico
    Gli scavi condotti tra il 1958 e il 1965 nei pressi di Conelle hanno messo in evidenza un fossato risalente al periodo eneolitico (III millennio a.C.). Questa straordinaria opera fu realizzata a scopo difensivo per proteggere l’accesso ad un pianoro, limitato sugli altri due lati dai due fiumi di Fosso delle Grazie e da Fosso di Montefortino, e sul quale probabilmente doveva trovarsi un abitato preistorico (molti reperti provenienti dal sito sono conservati anche nel Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona) le cui tracce dirette sono forse state distrutte per sempre dagli scavi agricoli.
    Il fossato, realizzato in una formazione ghiaiosa, è lungo oltre 100 m, largo circa 6 m e profondo 7 m. L’opera mantenne il ruolo difensivo solo in un primo momento, successivamente al quale fu utilizzato come discarica per i materiali di rifiuto del villaggio adiacente.
    Durante gli scavi sono stati riportati in luce molti reperti di produzione ceramica e litica, oggi al Museo Archeologico Statale di Arcevia, che hanno permesso di datare le diverse fasi stratigrafiche di riempimento del fossato e di studiare le principali attività (agricoltura e caccia) dell’insediamento umano di Conelle.
  • Museo Archeologico - Corredi funerari della Necropoli gallica di Montefortino
    0731.9622
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Museo Archeologico - Corredi funerari della Necropoli gallica di Montefortino
    Nel Museo Archeologico Statale di Arcevia si conservano gli splendidi corredi funerari databili tra il IV e II sec. a.C. (oltre la metà appartengono a guerrieri) e provenienti dalla Necropoli Gallica di Montefortino, la più grande mai rinvenuta in tutto il territorio marchigiano. Le tombe, hanno restituito una grande quantità di materiale come armi di ferro, suppellettile domestica, oggetti legati alla cura del corpo (una parte di questi corredi si trova, oggi, al Metropolitan Museum di New York). Tra i numerosi reperti rinvenuti spiccano l’elmo di Montefortino e le tre corone auree (appartenenti alla tomba della Regina di Montefortino); queste ultime rappresentano dei pezzi unici, realizzati con una rara e raffinata tecnica orafa molto diffusa in Grecia all’interno di contesti regali.
    La necropoli di Montefortino rimane un momento fondamentale per chiarire l'entità e la natura del processo di ellenizzazione ed italicizzazione subito dalla tribù dei Galli Senoni, insediatisi presso alcuni territori del versante orientale dell'Appennino umbro marchigiano. Si tratta, quindi, di un’area di alto valore, unica in tutta Italia, nella quale si sviluppò una civiltà unica nel suo genere per patrimonio artistico e culturale.
  • Globo di Matelica
    0737.787244, 328.5459205 (Muse
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Globo di Matelica

    C’è più di un motivo per fare una visita alle straordinarie terre del Verdicchio, ma per gli appassionati di archeologia sicuramente ce n’è uno in particolare, il Globo di Matelica. Si tratta di una sfera quasi perfetta di circa 29 cm di diametro in marmo greco, rinvenuta nel 1985 durante i lavori di consolidamento del duecentesco Palazzo Pretorio di Matelica.
    Questo eccezionale reperto del I-II sec. d.C., oggi esposto nel Museo Civico Archeologico della città, rappresenta attualmente un unicum nel panorama archeologico; esiste solo un esemplare, apparentemente simile, rinvenuto nel 1939 da Carl W. Blegen al Museo di Napflion in Grecia.
    Il Globo rappresenta una sorta di orologio solare realizzato in un marmo particolare cristallino e proveniente dalla cava di Afrodisias in località Efeso, nell’attuale Turchia. È diviso perfettamente a metà da una linea centrale mentre sulla sua sommità sono tre cerchi concentrici di vario diametro, intersecati da un arco di cerchio e sui quali sono ancora visibili parole in antico alfabeto greco, e 13 fori, contrassegnati ciascuno da una lettera greca, nei quali probabilmente venivano inseriti degli strumenti che avrebbero dovuto proiettare la loro ombra in corrispondenza di linee orarie. Il centro dei cerchi presenta un’altezza dall’orizzonte pari a 44,9 gradi; sembrerebbe, quindi, che la sfera sia stata realizzata per una altitudine compatibile con quella di Matelica.
    Nella parte inferiore si trova una grossa depressione conica che termina con un grosso foro rettangolare forse realizzato per fissare la sfera su una base. Se, per quanto riguarda le funzioni della sfera, è ormai certo un uso per calcoli astronomici e cronologici come il calcolo delle ore del giorno, la data di Equinozi e Solstizi, calendario ed entrata del sole nelle varie costellazioni zodiacali, molti dubbi vanno ancora sciolti su altre questioni: chi l’abbia realizzata, lo scopo e soprattutto sul motivo della presenza di un oggetto, originario della Grecia, nella zona di Matelica.

    A seguito dei danni causati dal sisma del 2016, il Globo è temporanemente ospitato presso il Museo Piersanti, dove a breve sarà accessibile al pubblico.
    Per info: Museo Piersanti - Via Umberto I, 11
    www.museopiersanti.it
    Tel. 389.6013340

  • Tempio - criptoportico augusteo della Salus Augusta
    0733.202942 – 0733.506566
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Tempio - criptoportico augusteo della Salus Augusta
    Il complesso, di notevole interesse archeologico, faceva parte di un santuario risalente al periodo tiberiano (prima metà del I sec. d.C.) e dedicato alla dea Salus Augusta secondo quanto attesterebbe la scritta Salus Augustae Salviensis presente sui bolli laterizi.L’insieme si componeva di un Tempio prostilo esastilo, situato sopra un podio monumentale, nel quale era ospitato il simulacro della divinità e da un criptoportico che lo circondava, caratterizzato da struttura semisotterranea divisa in quattro gallerie, tre delle quali erano divise in due navate.
    Le pareti erano riccamente decorate con affreschi, divise in tre fasce, ancora perfettamente leggibili nel braccio meridionale, raffiguranti scene di caccia e naturalistiche, maschere lunari, motivi iconografici legati alla propaganda augustea.
    Nelle sale interne del Museo Archeologico Statale di Urbisaglia è custodito il materiale ceramico rinvenuto nel Criptoportico e riprodotta fotograficamente in scala la porzione di parete affrescata del Criptoportico finora rimessa in luce.
  • Parco Archeologico di Septempeda
    0733 638414 (Pro Loco)
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Parco Archeologico di Septempeda

    Il Parco Archeologico della città romana di Septempeda si trova ad est dell’attuale San Severino Marche, in prossimità della chiesa di S. Maria della Pieve, lungo la S.S. 361, che  ricalca quasi pedissequamente il tracciato della antica via Flaminia Prolaquense. La strada costituiva il decumano massimo della città; alcuni tratti di essa sono stati scavati, ma non sono attualmente visibili. Nei pressi della chiesa di Santa Maria della Pieve è stato messo in luce un incrocio di due strade urbane lastricate con grossi basoli e con crepidini laterali. Le mura della città erano costruite in opera quadrata con blocchi di arenaria. Nella zona a nord della strada statale è situato un edificio termale di notevole ampiezza, i cui ambienti si sviluppano attorno ad un vasto cortile pavimentato in opus spicatum.  Più ad ovest, sono stati di recente resi visibili i resti di un complesso artigianale con fornaci per la produzione di vasi di terra sigillata.

  • Parco Archeologico di Urbs Salvia
    +39 073350107
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Parco Archeologico di Urbs Salvia
    Il Parco Archeologico di Urbs Salvia è il più importante e spettacolare delle Marche. Il percorso di visita, che scende per un comodo tracciato di circa un chilometro, mostra i monumenti principali di una tipica città dell’età imperiale e permette di approfondire lo studio della civiltà romana.

    La visita inizia al Museo Archeologico Statale, dove sono esposti materiali provenienti dall’antica Urbs Salvia. Si prosegue con le cisterne dell’acquedotto che rifornivano d’acqua la città sottostante. Più in basso il teatro, usato per le rappresentazioni drammatiche, e l’edificio a nicchioni, che fungeva da scenografico raccordo dei vari livelli della città. Ai piedi della collina si estende l’area sacra, costituita da un tempio con criptoportico, corridoio sotterraneo affrescato con immagini legate alla propaganda augustea. Attraversando l’imponente cinta muraria si raggiunge l’anfiteatro, in ottimo stato di conservazione, dove si svolgevano i giochi gladiatori.
  • Parco Archeologico di Falerio Picenus
    333.5816389 - 0734.710750 (Co
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Parco Archeologico di Falerio Picenus

    Il parco archeologico è formato principalmente dall’area urbana dell’antica città di Falerio Picenus, integrata dalle attigue aree cimiteriali e dalle ville suburbane. L’intera area, per una estensione di circa 30 ettari, può sommariamente essere divisa in due parti: la prima, centrale, per buona parte intaccata dalla edificazione avvenuta dagli anni settanta in poi; la seconda, verso est e verso settentrione, sostanzialmente non urbanizzata, quasi totalmente coltivata, e dunque idonea ad interventi di ricerca e valorizzazione. L’intera estensione, praticamente pianeggiante, si sviluppa lungo la Strada Statale 210, con la superficie principale del lato nord sullo stesso asse viario. 

    Il teatro si presenta ancora oggi come un monumentale edificio che, seppure saccheggiato nella sua decorazione, si staglia ancora isolato in mezzo alla campagna, all’ombra di una quercia, al termine di un breve vialetto. 
    È uno dei teatri romani meglio conservati delle Marche e viene tuttora utilizzato in estate per numerose rappresentazioni. Attualmente sono conservati e recentemente restaurati il primo e il secondo ordine delle gradinate (media e ima cavea), parte dell’edificio scenico, il prospetto del proscenio a nicchie circolari e rettangolari, alternate alla base del muro del frontescena. 
    La presenza del Museo Civico Archeologico a Falerone a circa due chilometri di distanza dall’area archeologica permette una conoscenza più approfondita dell’antica città romana, illustrandone gli aspetti della cultura materiale, delle produzioni artigianali (instrumentum domesticum) e delle manifestazioni artistiche locali (cippi e are funerarie, statue e sculture architettoniche) e fornendo preziose informazioni, attraverso la documentazione epigrafica, sugli ordinamenti amministrativi e territoriali, su edifici e opere pubbliche. Oltre che nel locale Museo Archeologico di Falerone, nel quale sono tra l’altro esposte le statue d’epoca augustea provenienti dal teatro, molti resti della città romana sono conservati in diversi musei: mosaici pavimentali ai Musei Vaticani e nel Museo Archeologico di Ascoli Piceno, una bella testa di Augusto e diversi frammenti architettonici all’Antiquarium di Fermo e nel Museo Archeologico nazionale delle Marche, ad Ancona.

  • Mosaico policromo con erma bifronte
    0736.253562
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Mosaico policromo con erma bifronte
    Nella sezione del Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno dedicata allo sviluppo urbanistico della città e delle sue necropoli è possibile ammirare lo splendido mosaico policromo con erma bifronte pertinente una domus romana rinvenuta sotto il Palazzo di Giustizia.
  • Ponti della Via Salaria
    0736.298334
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Ponti della Via Salaria
    Il Ponte sul torrente Garrifo ad Acquasanta Terme fu il primo di quelli costruiti sulla Via Salaria (l’antica Via Consolare che collegava Roma al Mare Adriatico e che serviva per il trasporto del sale) e permetteva l’ingresso dell’antica strada consolare ad Acquasanta Terme. La struttura originaria, risalente probabilmente al periodo augusteo, è stata realizzata in travertino locale (le pile sono lavorate fino all'imposta con un bugnato rustico) e si presenta ad un unico arco con 10.50 metri di luce e una larghezza di 3.40 metri. Successivamente, nella prima metà del sec. XIX, fu edificato sulla struttura viva del ponte antico un viadotto a sei arcate di gusto neoclassico, progettato dall'ingegnere Gabriele Gabrielli (1809-1850).Risalente all’età repubblicana, è il Ponte di Cecco sul fiume Castellano di Ascoli Piceno a lungo ritenuto di epoca medievale. Secondo una leggenda fu costruito in una sola notte dal celebre letterato e astrologo Cecco d'Ascoli con l'aiuto del diavolo. La struttura, realizzata con conci di pietra, si presenta con due arcate. Distrutto durante la seconda guerra mondiale fu ricostruito con il materiale originario nel 1971.L’aspetto attuale del Ponte di Arli, denominato anche Ponte Vecchio, risale al 1580 quando venne ricostruito dopo che una piena del fiume Tronto distrusse la costruzione precedente di epoca romana; di questa rimane solo un possente blocco in tufo, la base di un pilone.Il Ponte augusteo di Porta Cappuccina sul fiume Tronto è uno dei più grandi ponti romani per ampiezza (oltre 22 metri) e uno dei più rappresentativi della tecnica costruttiva romana. La struttura, che ha conservato integralmente le sue caratteristiche costruttive, è stata realizzata in opus quadratum in travertino a murazione liscia. Nel corso degli anni ha subito diversi interventi di restauro e opere di consolidamento delle quali l’ultima, e più importante, è stata realizzata nel 1938 e durante la quale furono riportati alla luce diversi lastricati stradali. Dalle linee architettoniche semplici ed eleganti, la costruzione è ad un solo arco di 22 metri, lunga 62 m e larga 6.50 m, composta da uno zoccolo di 5 metri sul quale si innalza un ordine di pilastri addossati alla roccia. Il ponte è oggi percorribile dall’interno grazie un corridoio di ispezione e attraversa il fiume Tronto collegando il centro della città con il quartiere di Porta Cappuccina.
  • Parco Archeologico Foro Romano
    Archeoclub, tel. 0735.778622 -
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Parco Archeologico Foro Romano

    Il territorio di Cupra Marittima era frequentato già nel corso del Paleolitico Inferiore e Medio lungo i terrazzi fluviali del Menocchia e dell’Aso. La sua storia nel periodo piceno riveste particolare importanza in relazione al santuario dedicato alla dea Cupra; ricche necropoli databili a partire dal VI sec a. C. documentano una realtà insediativa articolata. Con la conquista del Piceno da parte dei romani nel 268 a. C. il territorio entra a far parte dell’ager publicus.

    L’area del parco si estende a nord della città attuale per una superficie di circa 32 ettari; in essa si trovano evidenti tracce dell’impianto urbano della città romana di Cupra Marittima.

    Appena al di fuori della città sono visibili le strutture di una villa frequentata fino al IV sec. d.C. con un ninfeo con vasca centrale, pareti decorate da nicchioni e affrescate, ed esedra centrale anch’essa affrescata con scene marine. L’area del Foro è posta su un ampio pianoro in località “Civita” ove gli scavi hanno riportato alla luce i resti di un tempio a pianta rettangolare e due archi onorari. Si consiglia anche una visita al Museo Archeologico del Territorio

  • Museo Archeologico di Torre di Palme
    0734 53119
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Museo Archeologico di Torre di Palme
    Il museo inaugurato nell’aprile 2019, arricchisce il già ricco percorso museale fermano. Vi si accede dal Piazzale della Rocca, punto principale di accesso al borgo e si compone, al momento, di tre stanze in cui sono esposti i corredi funerari di tre delle venti tombe rinvenute in contrada Cugnolo, nei pressi della frazione nel versante sud del borgo.

    La visita consente di comprendere l’importanza dell’abitato piceno e gli usi e costumi di questa popolazione che abitò la zona fermana prima della colonizzazione romana avvenuta nel 264 a.C.

    I reperti esposti sono frutto degli scavi svolti dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche con il sostegno della Edison E&P Spa. La realizzazione del museo è stata fortemente voluta dal Comune di Fermo.

    Nella prima sala, dove hanno sede anche il punto informativo e la biglietteria, è esposta la tomba più antica della necropoli, risalente all’età del bronzo (IX-VII secolo a.C.), di un giovane, di età compresa tra i 17 e i 21 anni, sepolto con il suo piccolo corredo: un pugnale in lega di rame e un manufatto in selce.

    La seconda sala ospita la ricostruzione fedele di una tomba appartenuta ad una donna di circa 40 anni, vissuta nel VI secolo a.C., che doveva rivestire un ruolo di prestigio all'interno della comunità. La tomba è, infatti, la più ricca fra quelle rinvenute negli scavi, si caratterizza per l'abbondanza del corredo e per la presenza, sul bacino, del tipico anellone piceno in bronzo a quattro nodi, tipico delle sepolture di donne di rango nel territorio piceno meridionale.

    La terza sala è dedicata ai resti di una tomba infantile databile al VI secolo a.C., probabilmente di sesso femminile, come si può ipotizzare dalla ciprea (valva di conchiglia) e dal pendaglio con i cavallini tipici delle sepolture femminili, con funzione, probabilmente, di amuleti. Numerosi infine i reperti in ambra.
  • Tomba picena di Villa Clara
    0737.787244 e 328.5459205 (Mus
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Tomba picena di Villa Clara
    La tomba di Villa Clara, individuata nel 1998 nell'area condominiale di Via Rossini a Matelica, era originariamente racchiusa da un fossato circolare e probabilmente coperta da un tumulo di terra. La sepoltura ha restituito i resti di un guerriero e il suo ricco corredo come i due "scettri", altri tipici elementi di "rango principesco". Insieme al corredo sono state recuperate alcune centinaia di vinaccioli di uva coltivata, testimonianza della coltura della vite tra le più antiche finora note in Italia.
  • Area archeologica di Potentia
    071 7599767 (Comune)
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Area archeologica di Potentia

    In Località S. Maria di Porto Recanati si trova l’importante area archeologica dell’antica Potentia.
    La colonia romana fu fondata nel 184 a.C. ad opera di un collegio triumvirale composto da Quinto Fabio Labeone, Marco Fulvio Flacco e Quinto Fulvio Nobiliore. Creata anche - ma non solo - per corrispondere alle necessità di terra da distribuire ai veterani delle guerre puniche, la colonia sorse in posizione strategica, in un'area prossima ad un porto di foce sull'omonimo fiume Potentia, facilmente difendibile e proiettata verso i traffici mediterranei. Nel 56 a.C la colonia fu colpita da un fortissimo terremoto, secondo quanto riportato da Cicerone, dopo il quale seguì una fase di ricostruzione.
    Il periodo di maggior espansione urbanistica coincide con l’età augustea. Secondo quanto riportato dagli scavi, nel V sec. d.C. la città mostra ancora una certa vitalità fino ad arrivare al VII sec. periodo a partire dal quale testimonianze archeologiche non danno più alcuna notizia. L'impianto urbanistico, ricostruibile per gran parte solo grazie alla fotografia aerea, si presenta come uno spazio quadrangolare di 540 m di lunghezza per almeno 300 m di larghezza, impostato su un reticolo viario ortogonale. Sono visibili i resti di una domus con pavimenti musivi e pareti affrescate, i portici del foro con le annesse tabernae e un tempio su alto podio che ha restituito numerose terrecotte architettoniche.

  • Parco Archeologico di Sentinum
    0732 956218
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Parco Archeologico di Sentinum

    Oggi i ruderi della città romana di Sentinum affiorano nel Parco archeologico situato a sud di Sassoferrato, su di un pianoro sito presso la confluenza dei torrenti Marena e Sanguerone nel fiume Sentino, in località di S. Lucia. Il nome dell’urbe è collegato alla famosa battaglia di Sentino (295 a.C.) dove i Romani sconfissero la coalizione Italica formata dai Galli Senoni e dai Sanniti e permise la conquista dei territori del Medio Adriatico.

    I resti della città di Sentinum ora visibili costituiscono solo una porzione modesta dell’antica estensione urbana. La cinta muraria, individuata in passato per brevi tratti, seguiva l’andamento naturale dei limiti del pianoro; nel settore nord-ovest è presente una fortificazione, costituita da conglomerato cementizio con paramento in opus vittatum di piccoli conci squadrati di pietra calcarea. Il tracciato viario urbano è impostato su di un sistema ortoganale orientato secondo l’asse nord-sud. Si possono seguire per quasi tutta la loro lunghezza due arterie nord-sud, indicate come cardo A (arteria principale sulla quale si imposta il restante reticolo viario) e cardo B. Delle vie ad esse ortogonali si conservano alcuni tratti del decumanus A, del decumanus B e del decumanus C. Le strade, aventi una larghezza variabile tra i m 3,8 e i 5 metri, sono lastricate con grossi basoli di calcare bianco, delimitate da crepidini che fanno da contenimento ai marciapiedi laterali e dotate di sistema fognario.

    Lungo il cardo B è ubicato un edificio pubblico ad uso termale, dotato di grande piscina rettangolare, circondata da peristilio, con frigidarium e tepidarium disposti sulla fronte occidentale, calidarium lungo il lato meridionale e orientale. L’impianto termale subì varie fasi costruttive, dall’età tardo-repubblicana fino agli inizi del III sec. d.C.

    All’incrocio del cardo B con il decumanus C è visibile un edificio adibito a fonderia, costituito da due locali contigui, all’interno dei quali sono stati rinvenuti i resti del forno fusorio e numerose scorie e scarti di lavorazione. Lungo il decumanus B, quasi al confine dell’area archeologica con la strada provinciale, è situato un complesso di ambienti pertinenti a diversi fabbricati, cui è stato convenzionalmente attribuita la denominazione di "Insula del Pozzo”, per la presenza nelle vicinanze di un pozzo antico. All’interno dell’insula sono presenti pavimenti in mosaico, e resti di un atrio con colonne stuccate, disposte intorno ad una vasca rifasciata con lastroni di pietra.

    Nei pressi della chiesetta medievale di S. Lucia, lungo l’asse del cardo maximus che usciva dalla città in direzione sud, sono visitabili i resti di una grande villa suburbana di età imperiale, databile tra il I e il II sec. d.C. Al suo interno, un atrium, un grande peristilio, ambienti termali e stanze con pavimentazioni in mosaico o in opus sectile.