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Chiesa di S. Francesco alle Scale

Dall’alto di una gradinata, la Chiesa di San Francesco delle Scale prospetta su Piazza San Francesco, con un notevole effetto scenografico. Poco dopo la costruzione del convento e dell’oratorio (1295), la Chiesa fu costruita nel 1323 e dedicata inizialmente a Santa Maria Maggiore. All’inizio del 1400 venne ampliato il convento e contestualmente si costruì uno scalone monumentale che dalla strada più in basso consentiva l’accesso direttamente alla chiesa. All’esterno, si nota il magnifico portale gotico-veneziano a forma di tabernacolo, realizzato in pietra di Brioni da Giorgio da Sebenico, alla metà del Quattrocento (1455). Attorno all'ingresso si trovano, finemente scolpite, teste a tutto rilievo, opera di Giorgio Orsini, pure di Sebenico. Qualche studioso volle vedervi Dante, Petrarca, Laura, Boccaccio ecc. Nel padiglione è San Francesco; ai lati Sant'Antonio da Padova e San Lodovico da Tolosa. Sotto, San Bernardino di Siena e Santa Chiara. Nel 1790 l'architetto Francesco Maria Ciaraffoni ristrutturò la chiesa modificandola internamente e sopraelevando la facciata. Durante il periodo napoleonico, la chiesa è stata utilizzata per scopi militari, chiusa al culto nel 1852 e adibita a ospedale. Radicalmente ristrutturata alla fine dell’Ottocento, ospitò la Pinacoteca civica fino alla sua riconsacrazione, avvenuta nel 1953. L'interno, a navata unica, custodisce nel primo altare a destra, il Battesimo di Cristo di Pellegrino Tibaldi; l'altare di fronte accoglie la tela Angeli che trasportano la Santa Casa di Loreto di Andrea Lilli, e la Gloria, opera in gesso di Gioacchino Varlè. Nell'abside è invece collocata l'Assunta di Lorenzo Lotto. La Vergine è presentata secondo uno schema tipologico che sarà abbondantemente ripetuto nell'arte della Controriforma: è ritta in piedi mentre viene trasportata in alto da un coro di angeli, tiene le braccia aperte e lo sguardo è rapito in cielo. Sotto di lei gli Apostoli in un gesticolare meravigliato e un pò smarrito, circondano il sepolcro vuoto. Mosso da un'esigenza tutta interiore, il Lotto procede per via di riduzione eliminando dalla rappresentazione ogni ambientazione isolando su un cielo incupito la figura della Vergine, per cui l'osservatore viene sospinto ad alazare lo sguardo in un rapporto di contemplazione diretta con il miracolo. In un contesto pervaso di malinconia che abbraccia le persone e intristisce il luogo affiora il particoalre poetico dei petali di fiori che occupano il sepolcro vuoto, unico segno del passaggio umano di Maria.

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