Indietro La Via Flaminia, la Via Lauretana e la Via Salaria

La Via Flaminia, la Via Lauretana e la Via Salaria

Le vie della fede

Gli itinerari della fede nelle Marche seguono tre assi viari principali, dove sono segnalati abbazie, eremi francescani e santuari. 

La Via Flaminia e le sue varianti arrivano ad abbracciare la valle costellata di abbazie che da Ancona, risalendo l’Esino, conduce verso Roma. Qui si trovano importanti testimonianze di personaggi del passato. Senigallia è la città natale di papa Pio IX e Corinaldo la terra di Santa Maria Goretti. 

L’altro asse viario è la Via Lauretana che, dalla Santa Casa di Loreto, meta di pellegrinaggi già dal XV secolo, arriva all’itinerario romanico lungo la valle del Chienti, alla Basilica di S. Nicola da Tolentino e al cinquecentesco Santuario di Macereto, circondato dalle splendide altezze dei Monti Sibillini. Infine, la Via Salaria e le sue varianti conducono nelle Terre di papa Sisto V (Grottammare e Ripatransone), di San Giacomo della Marca (Monteprandone) e dei farnensi, ricche di monumenti romanici, eremi, abbazie e santuari, da Fermo e da Ascoli Piceno alle terre del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

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Livello di difficoltà: media
Target: Trekking
Stagionalità: Estate

Le tappe dell'itinerario

  • Eremo e Monastero di Monte Giove
    .0721.864090 (Foresteria)
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Eremo e Monastero di Monte Giove

    Nelle immediate vicinanze di Fano sorge l'Eremo di Monte Giove, eretto sulla sommità del colle omonimo (m.223) nel primo ventennio del sec. XVII dalla Congregazione Camaldolese di Monte Corona.  
    La sommità del colle divenne proprietà dei monaci della Congregazione Camaldolese dell’ordine di San Benedetto a partire dal 1609, anno di costruzione del loro convento, ultimato nel 1627. Alla sua edificazione contribuirono molti benefattori e lo stesso comune di Fano, che si impegnò a concedere alla famiglia religiosa una notevole quantità di grano. L’Eremo acquistò ben presto grande popolarità tanto da ricevere la visita della regina di Svezia Cristina Alessandra Maria nel 1657. Nel 1741, a causa di cedimenti dovuti all’instabilità del terreno, la chiesa venne completamente ricostruita in posizione più arretrata, su disegno dell’architetto riminese Gian Francesco Buonamici. 

    La chiesa attuale, dedicata al Salvatore, a pianta ottagonale e con facciata tripartita, conserva al suo interno le quattro statue di San Benedetto, Santa Scolastica, San Pier Damiani e San Bonifacio, eseguite dallo scultore riminese Carlo Santi. Inoltre presenta una statua di san Romualdo da Ravenna, fondatore dell’ordine Camaldolese, opera del veneziano Antonio Corradini. La tela della Trasfigurazione che sovrasta il coro e l’altra della Madonna con santi e l’arcangelo Gabriele poste nella sagrestia sono del pesarese Gianandrea Lazzarini. Dalla precedente chiesa seicentesca provengono le due tele raffiguranti "S. Romualdo e il faggio del miracolo" e "Cristo bambino con la croce, San Giuseppe e i Santi Maria Maddalena, Benedetto, Romualdo e Scolastica" del pittore camaldolese Venanzio da Camerino. La cappella di sinistra, fatta erigere da Guido Nolfi, è dedicata a Sant'Onofrio e a San Giuseppe.
    L’eremo, abitato attualmente da sette monaci e una monaca, dispone di una biblioteca con 1000 volumi, la sacrestia con gli arredi originali del Settecento, una farmacia e una foresteria, che può ospitare fino a 30 persone, in camere singole e doppie; generalmente l' ospitalità non deve durare più di una settimana.
    In alcuni periodi dell'anno si apre alla comunità con incontri religiosi, di meditazione e giornate di studio sulla teologia. 

  • Abbazia di S. Vincenzo al Furlo
    0721.796741 (Ufficio turismo C
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Abbazia di S. Vincenzo al Furlo

    Dedicata alla memoria di San Vincenzo, vescovo di Bevagna, l'abbazia ha origine incerta; alcuni residui di fortificazione farebbero supporre una fondazione risalente al VI secolo, ma altri elementi ne sposterebbero la data intorno al X secolo. Sulle pareti della Chiesa sono ancor oggi visibili affreschi di scuola marchigiana. La posizione adiacente ad uno dei più suggestivi passi appenninici fa dell'abbazia una meta attraente anche per il magnifico paesaggio che la circonda.

    A destra della chiesa  si sviluppava il monastero, con il chiostro prospiciente la navata destra. Tutto il complesso abbaziale era stato realizzato con pietra corniola proveniente dalle cave locali, mentre per la pavimentazione della chiesa si usarono grandissimi e spessi lastroni di pietra di origine romana e paleocristiana.
    La facciata della chiesa è a capanna: al centro si apre il portale con arco a tutto sesto e lunetta traforata, sormontato da un'ampia monofora del XV secolo. Alle pareti si conservano ampie zone affrescate di scuola marchigiana dei secoli XV e XVI. La copertura, scandita da tre costoloni, si presenta per due terzi a volta a crociera, mentre il restante è a capriata. Questa diversità è ben visibile anche dall'esterno, attraverso i due diversi livelli di altezza della copertura. 
    Il presbiterio è sopraelevato, con al centro una stretta scalinata e ai lati due aperture ad arco a tutto sesto che conducono alla cripta. Quest'ultima - riconducibile al secolo X - è tripartita da sei colonne di diverso diametro, con capitelli a tronco di piramide di varia fattura. Al suo interno si trova l'absidiola appartenuta alla navata laterale destra e ben visibile dall'esterno, posta accanto a quella principale.

  • La terra di Santa Maria Goretti
    071.67123
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: La terra di Santa Maria Goretti

    Santa Maria Goretti, terzogenita di sette figli, nacque a Corinaldo, piccolo borgo in provincia di Ancona, il 16 ottobre 1890. I suoi genitori, Luigi Goretti e Assunta Carlini, erano poveri, ma onesti e religiosi contadini. Maria trascorse una difficile fanciullezza, segnata dalla miseria. Assidua alle preghiere e ai sacramenti, si occupava delle faccende domestiche, aiutando la madre e i fratelli. Col crescere della famiglia, il terreno di Corinaldo si dimostró insufficiente a provvedere al sostentamento e i Goretti decisero di lasciare il loro paese. Si trasferirono a Paliano, in provincia di Frosinone, prendendo a colonia un terreno in località Colle Gianturco, dove restarono circa tre anni. Nel febbraio del 1900, i Goretti, con la famiglia dei compaesani Serenelli, da Colle Gianturco si spostarono a Ferriere di Conca, a circa undici chilometri da Nettuno, avendovi trovato lavoro presso il conte Attilio Mazzolenì, ma il padre di Maria, Luigi, si ammalò di malaria, e morì il 6 giugno dello stesso anno. Due anni dopo, il 5 luglio 1902, avvenne il martirio di Maria. Il figlio dei Serenelli, Alessandro, che provava una forte attrazione per Maria, dopo un ennesimo tentativo fallito di ottenere riscontro alle sue proposte, tentò di violentarla. La giovane resistette con tutte le sue forze all’aggressione, ma il ragazzo, rabbioso per il suo rifiuto, la ferì più volte all’addome con un punteruolo. La ragazza venne trasportata all'ospedale Orsenigo di Nettuno. Il giorno seguente, per le complicazioni di un intervento chirurgico senza anestesia, si aggravò morendo di peritonite. La cronaca narra che, dopo aver ricevuto i conforti religiosi, Maria Goretti perdonò il suo assalitore. Questi fu condannato a trent’anni di prigione. Si pentì e si convertì solo dopo aver sognato Maria che gli diceva avrebbe raggiunto il Paradiso. Papa Pio XII proclamó Maria Goretti beata il 27 aprile 1947 e santa il 24 giugno 1950. Il suo corpo riposa nella cappella a lei dedicata, nel santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno, custodito dai Padre Passionisti e meta di numerosi pellegrinaggi.

    I luoghi da visitare: la Casa Natale ed il Santuario Diocesano di Santa Maria Goretti.
    Corinaldo, Comune tra i Borghi più belli d'Italia e Bandiera Arancione, è posizionato in cima ad un colle, città dall’impianto urbano medioevale e rinascimentale. 

    Per informazioni ed approfondimenti: http://www.santamariagoretti.it/wp/it/itinerario/

  • Abbazia di S. Lorenzo
    0721.776825 (parroco) - 0721.7
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Abbazia di S. Lorenzo

    Elevata a basilica nel 1943 da S.S. Pio XII, è uno dei più importanti monumenti di stile romanico-gotico esistenti nelle Marche. Costruita prima dell'anno Mille dai monaci benedettini, l'abbazia è stata dedicata a San Lorenzo martire in Roma, "in silvis" per la presenza di boschi sacri, e poi "in campo" forse in base all'"ora et labora" dei benedettini che avevano come attività principale il lavoro dei campi. È una maestosa costruzione romanico-gotica a tre navate con arcate a tutto sesto in muratura, sorrette da colonne di granito grigio provenienti dall'Egitto. La copertura è a capriate scoperte; la parte centrale, costituita da tre absidi, è quella più antica e risale al periodo che va dal VII al IX secolo. Di notevole interesse è l'altare maggiore per i suoi rari e pregevoli marmi; sotto di esso è presente una bellissima cripta riportata alla luce nel 1940. Tra le opere d'arte presenti ricordiamo i due crocifissi del 1600 in legno (di Fra' Innocenzo da Petralia e di Damiano d'Assisi), la tela del Ramazzani di Arcevia (1535) raffigurante "Madonna e Santi", e la tela raffigurante San Demetrio e San Lorenzo.

  • Beato Pio IX e Senigallia
    071.7922725 IAT (IAT)
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Beato Pio IX e Senigallia

    Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti) nacque a Senigallia (AN) il 13 maggio 1792. Divenuto papa nel 1846, istituì il dogma dell’Immacolata Concezione e diede vita al Concilio Vaticano I. Nel 1848 concesse la Costituzione e permise al suo esercito di partecipare alle fasi iniziali della Guerra d’Indipendenza contro l’Austria. In seguito alla Costituzione della Repubblica Romana nel 1848, fu costretto all’esilio a Gaeta, ma, ritornato a Roma nel 1850, diede vita ad una intensa restaurazione della Chiesa. Morì il 7 febbraio 1878.
    È stato proclamato Beato nell’anno giubilare 2000. A Senigallia è possibile visitare il Museo a lui intitolato e la Biblioteca Diocesana ‘Mastai Ferretti’, con una sezione di oltre mille volumi dedicati al Pontefice, pubblicati dall’800 ad oggi.

  • Abbazia di S. Maria in Castagnola
    071.94350 (abbazia)
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Abbazia di S. Maria in Castagnola

    L'origine dell'abbazia risale al VII sec. quando un primitivo monastero benedettino sembrerebbe essere stato eretto in un terreno donato al papa dalla regina longobarda Teodolinda. Venne distrutto nel 1126 dai Saraceni per poi essere ricostruito dai monaci cistercensi che lo denominarono Santa Maria in Castagnola.
    Si tratta di una delle tre abbazie costruite dai monaci cistercensi di Clairvaux in Italia, comprendenti anche un’altra abbazia presente nelle Marche, a Fiastra (Urbisaglia).

    L'abbazia è ricordata in documenti a partire dal Mille, periodo al quale risalgono i resti della primitiva chiesa in stile romanico.
    La struttura attuale fu fondata, secondo la tradizione, nel 1172 da monaci cistercensi, riutilizzando i resti della precedente costruzione. Nel 1248 l’abbazia può contare su ben quaranta monaci, ciò testimonia la vasta estensione e la grande importanza del complesso monastico, tanto da diventare oggetto delle mire espansionistiche del libero comune di Jesi e in seguito anche di Ancona. Il chiostro e i circostanti ambienti abbaziali sono stati rinnovati nel tardo ‘500.

    La chiesa abbaziale, in particolare, è un notevole esempio di architettura cistercense: tre navate, transetto e abside quadrata. La facciata romanica ha due spioventi, con grande rosone sormontato da una bifora ed un fastigio cuspidato, sopra cui scorre una fascia di archetti.

    Nel rispetto dell’architettura cistercense, il monastero era situato a sud della chiesa  e in tale area si trovavano i locali comuni, mentre ad est si trovavano i locali dei monaci coristi e ad ovest i magazzini per il lavoro.

    Nell'interno dell'abbazia una preziosa scultura in pietra policroma raffigura una Madonna con bambino del XII secolo.

    Questo edificio ce lo aspetteremmo in luogo solitario, isolato, invece sorge al centro della cittadina, preceduto da un’area verde. Esso ha dato il nome alla città e ne ha promosso la nascita e lo sviluppo nei secoli trascorsi, così ora ne resta il cuore e la memoria storica.

  • Abbazia Santa Maria del Piano
    0731.58636 (parrocchia) 0731.5
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Abbazia Santa Maria del Piano

    Di quest’abbazia si conservano pochi documenti storici: si sa per certo però che i suoi possedimenti erano numerosi e si estendevano dalla valle del fiume Misa fino a quella del fiume Musone. Nel 1211 iniziò a decadere, sottomettendosi alla giurisdizione del comune di Jesi. Essa sorgeva nell'area compresa tra la città di Jesi e il fiume Esino, dove ancora oggi si erge la chiesa abbaziale nella sua struttura settecentesca, che conserva non pochi caratteri delle precedenti costruzioni.
    Nell'edificio esistente si rilevano diversi interventi risalenti al XII e al XIII secolo, nonché a una precedente fase altomedievale. Alcuni archi presenti nella parete destra del presbiterio risalgono presumibilmente al XII secolo, così come il frammento di un affresco raffigurante una testa d'angelo rinvenuto su di un pilastro ottagonale durante i recenti lavori di restauro. Molto interessante la cripta, per lungo tempo interrata poiché adibita a luogo di sepoltura dei parroci e ultimamente riportata alla luce, dove si conserva un bellissimo sarcofago dell'VIII secolo.

  • Abbazia di S. Maria delle Moie
    0731.700005 (Casa parrocchiale
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Abbazia di S. Maria delle Moie

    L'abbazia romanica di Santa Maria delle Moie fu fondata probabilmente all'inizio dell'XI sec. dalla famiglia Attoni-Alberoni-Gozoni come monastero privato. Poiché l’abbazia sorgeva in una zona paludosa (moja) vicino al corso del fiume Esino, essa fu denominata “delle Moie”.

    Si tratta di una costruzione romanica composta dalla chiesa e dall'avancorpo. È costruita con blocchi regolari di pietra calcarea, ha una struttura della pianta a croce greca iscritta e presenta un forte richiamo al modello di San Vittore nelle cinque absidi, tre orientate e due laterali, rivelando invece nell’alzato una soluzione molto originale: la mediana delle tre navate, infatti, è più elevata e voltata a botte con sottarchi, mentre le navatelle sono voltate a crociera.
    La nota decorativa dell’esterno è rappresentata dal portale a tralci e intrecci, mentre del campanile cilindrico sul lato sinistro dell’atrio rimane soltanto la base. La parte esterna del portale è stata completamente restaurata e presenta tre archivolti poggianti su semi pilastri e semicolonnine laterali decorate con temi ad intreccio e vegetale. Del monastero rimangono solo due ambienti: uno rettangolare con volta a botte collegato ad una stanza sotterranea da una scala; l'altro, comunicante con il primo e accessibile anche dal cortile, a pianta quadrilatera e con volte a crociera.

  • Abbazia di Sant’Elena
    0731.814730 oppure 330.912617
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Abbazia di Sant’Elena

    L'Abbazia di Sant'Elena sorge nel comune di Serra San Quirico, frazione di Sasso.
    Fondata nel 1005 da San Romualdo, nel 1180 si unì alla Congregazione Camaldolese. Al momento dell'aggregazione, l'abbazia era comunque un'istituzione consolidata con un notevole sviluppo economico e sociale. Nel XII secolo vantava il possesso di circa 50 chiese e 10 edifici fra castelli e ville con tutti i beni annessi. La chiesa fu rinnovata alla fine del sec. XII. Alla metà del XV secolo Papa Innocenzo VIII la sottrasse alla Congregazione camaldolese, nominando un Abate commendatario, il cardinale Giovanni Colonna. Il 6 Aprile 1816, l'ultimo Abate commendatario di Sant'Elena cedette in enfiteusi l'Abbazia con tutti i beni annessi alla famiglia Pianesi, che ne divenne in seguito la legittima proprietaria.

    La chiesa è costruita a blocchetti di arenaria irregolare; ha una slanciata facciata con campanile a vela e un bel portale strombato a semicolonne, sormontato da una lunetta che mostra una croce apicata tra due leoni a bassorilievo. Presenta tre navate, con quella centrale larga più del doppio rispetto a quelle laterali, ma della stessa altezza delle altre, tanto da conferire all'invaso l'aspetto di una chiesa sala, " a gradinature".
    Il presbiterio, sopraelevato sulla cripta, conserva nella conca absidale la tela che raffigura Sant'Elena e la Croce, opera del Pomarancio. L'apparato scultoreo dell'abbazia consiste essenzialmente  nei capitelli della cripta, in quelli dei pilastri delle navate e nell'ornato del portale. Possiamo distinguere due tipi di capitelli: quelli istoriati, che presentano motivi tratti dall'universo dei bestiari medievali (leoni, draghi, sirene) e dal repertorio delle figurazioni sacre cristiane, e quelli antichizzati che propongono varie interpretazioni della tipologia del capitello corinzio. 
    Nel vecchio Monastero, ora usato per cerimonie, conferenze, catering e ricevimenti, si trovano sale con volte in laterizio, ora a botte ora a crociera, e con pareti in pietra. La sala più antica risale all'XI secolo e presenta una volta a botte e pavimento a grandi lastre di pietra; apparentemente costituiva il primo insediamento dell'Abbazia. Il giardino ed il cortile interno adiacenti alla Chiesa sono stati restaurati con un'opera di recupero conservativo.

  • Abbazia di San Vittore delle Chiuse
    0732.90055 (Parroco) 0732.9730
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Abbazia di San Vittore delle Chiuse

    L'abbazia romanica di San Vittore delle Chiuse venne edificata dai longobardi verso la fine del X secolo all’inizio della Gola di Frasassi, all'interno di un "anfiteatro" di montagne dalle quali risulta completamente circondata; si dice che lo stesso nome "delle Chiuse" (Rave di Clusis) le sia stato attribuito proprio per questo motivo, perchè risultava "chiusa" trai monti, come se la proteggessero nascondendola. 
    Il complesso attuale è una ricostruzione del XIV-XV sec., mentre la chiesa è datata XI sec. L’interno è poco illuminato e privo di decorazioni, scandito da archi a tutto sesto. L’architettura è orientale, con planimetria a croce greca inscritta in un quadrato dal quale sporgono le cinque absidi e la torre di facciata; al vertice si eleva un basso tiburio ottagonale.
    La tipologia architettonica lo rende uno dei monumenti romanici più significativi della Regione, a due passi dalle note Grotte di Frasassi.
    Un particolare piuttosto curioso che ha attirato l’attenzione di molti studiosi è il simbolo dell’infinito vicino alla porta sinistra dell’altare. Questo simbolo dell’infinito è rovesciato e balza immediatamente agli occhi appena si varca l’ingresso dell’abbazia. Ancora oggi non se ne conosce il significato, ma si crede siano stati i templari a lasciare tale traccia.

  • Abbazia di S. Urbano sull'Esinante
    0731 816222
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Abbazia di S. Urbano sull'Esinante

    L' Abbazia di Sant’Urbano sorge isolata sulla sponda sinistra del torrente Esinante, affluente del fiume Esino. La data della sua fondazione è ascrivibile al X-XI secolo, essendo citata per la prima volta in una Convenzione del 1033 stipulata con l'abate di San Vittore delle Chiuse. A causa dei violenti contrasti con il vicino comune di Apiro per le sue mire espansionistiche sul castello di Sant’Urbano, nella prima metà del XIII secolo l'abbazia subì numerose devastazioni - nonostante fosse protetta del comune di Jesi al quale si era autonomamente sottomessa nel 1219 - che determinarono una prima e ampia ricostruzione secondo il modello dell'abbazia di Sant’Elena di Serra San Quirico. A tale epoca, infatti, risale il parziale tamponamento della prima campata, la copertura della zona anteriore con volte a botte centrale e crociere laterali ricadenti su lesene addossate ai pilastri, nonché il rifacimento della zona presbiteriale, compresa la sottostante cripta, con il rialzamento del tetto della nave centrale e la costruzione delle volte. Il muro di separazione tra le due metà della chiesa fu probabilmente innalzato per sostenere le spinte della nuova copertura e quindi alleggerito con aperture che consentissero una parziale visione del presbiterio. Ad epoca più tarda vanno riportati il rialzamento del corpo di facciata, l'addossamento delle case coloniche e le varie aggiunte murarie visibili all'esterno. Nel 1442 il monastero, ormai in decadenza, fu accorpato all'abbazia di San Salvatore in Valdicastro di Fabriano, finché nel 1810 divenne proprietà privata.

    La chiesa ha un impianto a tre navate su pilastri - di cui quella centrale presenta una volta a botte ogivale rinforzata da un arcone traversale, che poggia su lesene allineate ai pilastri sottostanti, mentre quelle laterali risultano coperte da volta a crociera - parzialmente chiuso in un aggregato di costruzioni coloniche addossate ai suoi fianchi. L'alzato è realizzato in pietra e cotto e presenta anomalie dovute ad interventi di epoca diversa. La facciata è conservata solo nella parte centrale con portale a risalti e lunetta di scarico, in quanto modificata in epoche successive con l'apertura delle due finestre rettangolari nella zona superiore del prospetto, fortemente sopraelevato, e l'aggregazione del campanile a vela. Sant’Urbano, inoltre, rappresenta un caso di particolare sopraelevazione del presbiterio per effetto della cripta con la risultante di una maggiore separazione degli spazi tra clero e fedeli, caratteristica dell'architettura romanica delle Marche.
    L'interno è caratterizzato dalla separazione del presbiterio, suddiviso in tre navate da pilastri compositi e copertura a crociera, dalla chiesa mediante un muro trasversale aperto da due arconi ogivali e dallo stretto ingresso; mentre, sulla sinistra, sul rude ambone addossato al sopracitato muro divisorio si apre l'ingresso alla sottostante cripta, del XII-XIII secolo, con lo stesso impianto presbiteriale ad eccezione dei muri divisori delle navate. In corrispondenza delle ultime due campate del fianco sinistro, rinforzato da quattro contrafforti, e della parte absidale è visibile l'innervatura di sottili colonne in pietra ed archetti pensili, ripetuta anche nel catino absidale, con l'aggiunta lungo il bordo superiore di una cornice dentellata e l'apertura di tre ampie monofore nell'abside maggiore. Dal portale d'accesso una breve scala in discesa immette nel vano centrale della prima campata ridotto ad una sorta di atrio d'ingresso alla chiesa. Di particolare interesse artistico gli otto capitelli, dei quali uno impiegato nel pilastro destro della zona anteriore della chiesa, cinque impiegati nel presbiterio e due nella parete di controfacciata. Questi presentano motivi figurati e animali accanto a motivi geometrici e floreali o ad arcatelle simili a quelli della sala capitolare dell'abbazia di San Salvatore in Valdicastro di Fabriano e della chiesa di San Ansovino di Avacelli di Arcevia.

  • Monastero ed Eremo di San Silvestro
    0732.216.31
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Monastero ed Eremo di San Silvestro

    L'Eremo di San Silvestro in Montefano di Fabriano venne fondato da San Silvestro Guzzolini nel 1231 in prossimità della sorgente fonte Vembrici, come sede del nuovo ordine monastico da lui costituito, in seguito denominato Congregazione Silvestrina. Nello stesso anno fu edificato dai Silvestrini il Monastero di San Benedetto entro le mura di Fabriano, dove nel 1390 trovarono rifugio, per motivi di sicurezza, gli stessi monaci di Monte Fano. 
    Ormai privo di manutenzione, il cenobio di Monte Fano viene restaurato intorno alla metà del 1400. Molti interventi di miglioria e ampliamento sono poi effettuati tra il XVII e XVIII secolo, periodo al quale è riconducibile l’aspetto attuale, ad eccezione dell’edificio situato al di sopra del monastero risalente agli anni Cinquanta del secolo scorso. Dopo le soppressioni del 1810 e del 1866, l’eremo torna ad essere il centro spirituale della Congregazione Silvestrina.
    Nel coro della chiesa sono da segnalare: una tela di Claudio Ridolfi (1644), allievo del Tiepolo, raffigurante La Madonna che porge l'Eucarestia a S.Silvestro e quattro statue lignee dorate del secolo XVII. Le reliquie di S.Silvestro sono conservate in un'urna moderna.
    La Chiesa Inferiore, edificata nel XIII secolo, è dedicata a S.Benedetto. Le 24 lunette che ornano le pareti dei chiostri del monastero sono opera di Antonio Ungarini di Fabriano (1771) e rappresentano episodi della vita di San Silvestro abate, ricavati dalla Vita Silvestri, scritta dal monaco Andrea di Giacomo da Fabriano tra il 1274 e il 1282.

    Monte Fano attualmente ospita una comunità monastica molto attiva culturalmente e spiritualmente; oltre agli studi e alle ricerche curate dai monaci, l'eremo si caratterizza per la presenza di un efficiente laboratorio di restauro del libro antico, una biblioteca storica che vanta 70.000 volumi, l’archivio storico della Congregazione Silvestrina e una foresteria.

    In un’ala dell’ex-collegio sono state ricavate 30 camere, debitamente attrezzate e con vista panoramica. La comunità monastica silvestrina accoglie tutto l'anno piccoli gruppi, in un reparto autogestito, per giornate di ritiro guidate da un monaco, con la partecipazione alla preghiera della comunità. 

  • Abbazia di S. Biagio in Caprile
    0732.259466 Monaci Benedettini
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Abbazia di S. Biagio in Caprile

    L'abbazia di San Biagio in Caprile di Fabriano fu fondata intorno al 1030 dai Conti di Nocera e di Gualdo che in quel periodo governavano la valle di Salmaregia. Nel 1060, per mancanza di religiosi, passò sotto le dipendenze di S.Maria d'Appennino che provvide ad inviarvi una piccola comunità di religiosi. Nel 1443 un incendio la distrusse insieme all’archivio e il complesso, rimasto privo di monaci, passò per volere d’Eugenio IV alla Congregazione Silvestrina. Nel 1665 fu elevata ad abbazia titolare e nel 1810 fu venduta a privati. Oggi dell'antica abbazia non rimane che la chiesa a pianta rettangolare, a suo tempo ornata dai famosi affreschi dell'anonimo maestro di S.Biagio in Caprile (oggi visibili a Urbino, nella Galleria Nazionale delle Marche), mentre gli edifici monastici sorti intorno al chiostro sono andati distrutti.
    Quì, un tempo, si trovavano gli affreschi dell'ignoto Maestro trecentesco di Campodonico. All’interno è stato aperto un Ostello per la Gioventù, struttura turistica per l'accoglienza a basso costo, dopo alcuni consolidamenti resisi necessari in seguito a più eventi sismici. Ciò ha ripristinato la funzionalità storica del monastero, luogo per tradizione destinato all'accoglienza dei pellegrini.

  • La Basilica della Santa Casa
    +39.071.9747155
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: La Basilica della Santa Casa

    La città di Loreto si è sviluppata intorno alla celebre Basilica che ospita la Santa Casa di Nazareth dove, secondo la tradizione, la Vergine Maria nacque, visse e ricevette l’annuncio della nascita miracolosa di Gesù. Gli studi mettono in luce che la provenienza della Casa è la Palestina, sia per lo stile architettonico che per l’uso di materiali costruttivi, sconosciuti al territorio delle Marche ed invece molto usati all’epoca in Terrasanta. La tradizione vuole che la Santa Casa, dopo essere transitata per la Dalmazia, rimanendo per circa tre anni a Tersatto (ora un quartiere della città di Fiume in Croazia), giunse a Loreto la notte del 9-10 dicembre del 1294. 

    Nel 1469, per iniziativa del vescovo di Recanati Nicolò delle Aste e in seguito con Papa Paolo II, iniziarono i primi lavori di costruzione dell’odierna basilica. A fianco della candida facciata in pietra d’Istria, completata nel 1587, si innalza l’elegante campanile (1750-55), opera di Luigi Vanvitelli. Sotto la cupola è posizionato il sacello della Santa Casa, rivestito di marmo con statue e rilievi, capolavoro della scultura del Cinquecento. L’interno assai suggestivo è meta di pellegrini che giungono da tutto il mondo per pregare, davanti alla statua della Madonna Nera. La Cappella dell’Annunciazione fu decorata con affreschi di Federico Zuccari, le sacrestie di San Marco e San Giovanni da Melozzo da Forlì e Luca Signorelli, il soffitto ed il padiglione della Sala del Tesoro dal Pomarancio. Il Museo Pontificio della Santa Casa di Loreto, ospitato nel Palazzo Apostolico, conserva dipinti, sculture, arazzi e maioliche prove-nienti dal Santuario e donati alla Santa Casa nel corso dei secoli. Nella raccolta dei dipinti spiccano le opere della tarda maturità di Lorenzo Lotto, che morì a Loreto nel 1556 ca. Il Tesoro della Santa Casa comprende preziose opere di alta oreficeria. 

    All’esterno del Santuario la piazza che troverete termina a nord e a ovest dal Palazzo Apostolico, ad est con la parte anteriore della basilica, e a sud dal Palazzo Illirico; sul lato sinistro troverete il Campanile disegnato da Luigi Vanvitelli, al centro invece la Fontana di Carlo Maderno e Giovanni Fontana.

    “La Santa Casa di Loreto è il primo Santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine e vero cuore mariano della cristianità”. (Giovanni Paolo II)

     

  • La Basilica di San Nicola
    0733.976311
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: La Basilica di San Nicola

    La Basilica dedicata a San Nicola da Tolentino è uno dei santuari più importanti dell’Italia centrale. San Nicola da Tolentino (1245-1305) fu frate agostiniano, taumaturgo e grande predicatore. Visse nel convento dei frati Eremitani di S. Agostino nella città dal 1275 fino alla morte. Raggiunse una tale notorietà sin da vivo, soprattutto per le sue straordinarie capacità taumaturgiche, da essere venerato e canonizzato in breve tempo (1325). San Nicola viene venerato come patrono delle anime del Purgatorio e come protettore delle puerpere e nelle difficoltà dell’infanzia.
    La Basilica venne consacrata nel 1465. L’interno rettangolare è a una navata con abside poligonale. Al Seicento risalgono il soffitto ligneo a cassettoni e le otto cappelle. Vi si conservano pregevoli opere d’arte (S. Anna di Guercino, S. Tommaso da Villanova di G. Ghezzi). La grande cappella seicentesca del SS. Sacramento, sormontata da una cupola, si trova a sinistra dell’altare. La Cappella delle Sante Braccia custodisce le braccia di San Nicola. Un tentativo di trafugamento fu realizzato dopo la morte del santo, ma fallì perché dalle braccia amputate iniziò a sgorgare del sangue. Il miracoloso evento è rappresentato nella tela di G. Foschi presso l’altar maggiore. Nella cappella vi sono conservati due grandi quadri, ex voto: L’Incendio del Palazzo Ducale a Venezia di Matteo Stom e La peste a Genova (o a Venezia, secondo alcuni) di Giovanni Carboncino. Di particolare pregio è il Cappellone, i cui affreschi, realizzati da pittori riminesi (Pietro, Giuliano, Baronzio) di scuola giottesca, rappresentano la più alta testimonianza della pittura del Trecento nelle Marche. La pianta è rettangolare e la volta è a crociera. Un’arca marmorea rinascimentale, avente al di sopra una statua di S. Nicola, è posizionata al centro del Cappellone.
    Tramite uno scalone, si giunge ai Musei della Basilica che ospitano numerosi dipinti e sculture, preziose ceramiche, ex voto e esposizioni presepistiche permanenti.
    Il chiostro è considerato tra i più interessanti delle Marche. Vi si trova la cella del santo, oggi trasformata in Oratorio della comunità agostiniana, che conserva ancora due lunette affrescate dei primi del Cinquecento, rappresentanti episodi della vita del santo nato a Sant'Angelo in Pontano.

    A seguito dei danni provocati dal sisma del 2016 la Basilica viene dichiarata inagibile e chiusa fino alla riapertura nel dicembre 2018. In tale data vengono nuovamente aperti al pubblico, ai turisti e al culto la navata principale, la Cappella delle Sante Braccia e il Cappellone. Viene montato un nuovo altare e recuperata dal Museo del Santuario la pala in legno “Lo sposalizio mistico di Santa Caterina tra i Santi Agostino, Nicola e Apollonia”a cui saranno nuovamente affiancati “L’Eterno”in cornice cuspidata e “La deposizione”, i quali facevano parte di un’unica opera dipinta tra il 1518 e il 1525 e attribuita a Marchisiano di Giorgio, un pittore tolentinate di origine slava recentemente riscoperto da Giorgio Semmoloni. La parte centrale della grande “cona”èstata rinvenuta nei depositi della Galleria Nazionale di Arte Antica di Roma. L’opera, per molti anni, èstata la pala posizionata nel presbiterio, proprio dietro l’altare e quindi, dopo molti secoli, seppur incompleta, torna nella navata centrale della Basilica.

    Rimangono attualmente chiusi la Cappella del Santissimo costruita dal pittore Francesco Ferranti e il presbiterio.

  • Santuario di S. Maria di Macereto
    0737 9264 ; 339 2027814
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Santuario di Santa Maria di Macereto

    Il suggestivo Santuario di Macereto si trova sull’omonimo altopiano nei pressi di Visso, nel Parco Nazionale dei monti Sibillini. E’ uno straordinario esempio di architettura rinascimentale nelle Marche e fu in passato luogo di presunti eventi miracolosi e per questo di diffusa devozione popolare.

    Fu realizzato nel 1529, al posto di una precedente chiesetta del 1359, da Giovan Battista da Lugano probabilmente su progetto di Bramante e terminata successivamente nel 1556 sotto la guida di Filippo Salvi da Bissone.

    All’esterno il Santuario si presenta a pianta ottagonale, rivestito in travertino con avancorpi su tre lati sui quali si aprono i tre ingressi della chiesa e con sculture che arricchiscono i portali e i capitelli.

    All’interno la struttura si distribuisce su una pianta a croce greca, con i quattro bracci che terminano in quattro absidi con nicchie. Al centro si trova la primitiva cappella con la scritta in latino che ricorda la storia del miracolo di Macereto.

    Nell’abside dell’altare maggiore è possibile ammirare la bellissima cappella dove si conservano alcune opere del pittore e scultore originario di Caldarola, Simone de Magistris, risalenti al 1580-1582 come il Natale di Gesù, l’Adorazione dei Magi, la Discesa dello Spirito Santo, la Circoncisione, la Natività della Madonna e la Fuga in Egitto.

    A causa del sisma del 2016, il Santuario è stato lesionato. Alcune aree del monumento sono state transennate. Per informazioni scrivere al  Numero Verde del Turismo (numeroverde.turismo@regione.marche.it).

  • Santuario Santa Maria delle Grazie e San Giacomo della Marca
    0735.62100
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Santuario Santa Maria delle Grazie e San Giacomo della Marca

    San Giacomo della Marca, al secolo Domenico Gangale, nacque a Monteprandone, provincia di Ascoli Piceno, il 1 settembre 1393. In gioventù intraprese gli studi ad Ascoli Piceno e successivamente a Perugia, dove si laureò in diritto civile ed ecclesiastico. Esercitò dapprima il ruolo di notaio a Firenze e in seguito di giudice a Bibbiena, ma l’ambiente delle corti di giustizia, lontano dalle sue aspirazioni spirituali, lo indussero ad abbandonare il mondo giudiziario ed entrare nel convento di S. Maria degli Angeli di Assisi.

    Il 13 giugno 1420 fu ordinato sacerdote e subito si distinse per l’efficacia delle sue prediche che attiravano numerosi fedeli in ogni luogo egli si recasse. La predicazione di San Giacomo, che trattava i temi basilari della fede cristiana, si estese contro i gruppi di eretici, principalmente i fraticelli, che attentarono più volte alla sua vita. Papa Eugenio IV gli conferì incarichi speciali per la predicazione contro le eresie oltre l’Adriatico e per missioni diplomatiche nell’Europa centro orientale. Fu un convinto assertore delle Crociate e, grazie al suo intervento in veste di pacificatore, le città di Fermo ed Ascoli, eterne nemiche, stipularono una storica pace nel 1446 e poi nel 1463. Nello stesso anno risolse ancora una volta una questione di confine tra Monteprandone e Acquaviva.

    Il santo si prodigò a dare Statuti Civili ad undici città e creò i Monte di Pietà, per combattere l’usura. Scrisse diciotto libri. Istituì nel Convento di Santa Maria delle Grazie, da lui fondato, una ricca libreria per l’istruzione dei religiosi e di quanti coltivassero l’amore per lo studio. Morì a Napoli il 28 novembre 1476. Il suo corpo fu sepolto nella chiesa di Santa Maria la Nova a Napoli.

    I luoghi di san Giacomo a Monteprandone - Nel 2001 il corpo è stato traslato nel Santuario Santa Maria delle Grazie. Nella chiesa si conserva una preziosa e venerata immagine in terracotta della Madonna, donata a San Giacomo dal Cardinale Francesco della Rovere. All’interno della chiesa si possono ammirare alcune pitture di Vincenzo Pagani, il crocifisso di Cola d'Amatrice, un trittico del XIV secolo, il tabernacolo in legno intarsiato del XVII secolo, il coro ligneo del 1721 proveniente dall'ex chiesa degli osservanti di Fermo, e le Cappelle dedicate alla Madonna delle Grazie e a San Giacomo della Marca. Nel Museo all’interno del chiostro sono esposte diverse reliquie del santo, mentre i 61 codici appartenuti alla libreria di San Giacomo sono conservati presso il Museo Civico di Monteprandone.

  • Museo Sistino
    347 3804444
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Museo Sistino
    Il museo, collocato fino al 2002 nella chiesa di Sant'Agostino a Grottammare, è ora ospitato nella Chiesa di San Giovanni Battista, che ha accolto la collezione originaria arricchendosi di altri pregevoli pezzi. Il museo, inserito nella rete di musei di arte sacra, promossa dalle Diocesi di San Benedetto del Tronto, Ripatransone e Montalto Marche, ripropone oggetti che testimoniano il felice rapporto tra il pontefice Sisto V, nativo di Grottammare, e la sua terra. 
  • Museo del Santuario di San Giacomo
    3473804444
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Museo del Santuario di San Giacomo
    Il Museo di San Giacomo della Marca, inserito nel circuito dei Musei Sistini del Piceno, ha sede all’interno del Chiostro del Santuario e custodisce oggetti personali del Santo ed opere d’arte datate tra il XVI ed il XIX sec.. Vi si trovano il corredo liturgico del Santo composto dalle sue vesti e dal crocifisso, oltre al sigillo col nome di Gesù ed ad un busto ligneo del XVII sec di scuola napoletana. Parte del Museo è dedicata al Vescovo Monsignor Eugenio Massi, nativo di Monteprandone e missionario in Cina di cui si conservano memorie e paramenti sacri.
  • Museo Vescovile
    0735 99301
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Museo Vescovile
    Eretta a Diocesi nel 1571, Ripatransone è stata sede vescovile fino a tempi recenti: questa alta dignità ha reso la cittadina un centro ricco di arte e di storia. Il museo è allestito presso l’antica chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, meglio nota come Sant’Agostino e in alcuni locali dell’annesso convento. Eretto nel XIV secolo e più volte rimodernato dall’intraprendenza dei religiosi, il complesso agostiniano fu dapprima indemaniato dal Governo Italico (1810), poi ceduto al clero locale che lo destinò a residenza episcopale (1874).
  • Santuario di S. Emidio alle Grotte
    334 3565078 (Giuseppe) 328 324
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Santuario di Sant'Emidio alle Grotte

    Il suggestivo ed unico Santuario Tempietto di Sant'Emidio alle Grotte rappresenta uno splendido esempio di arte religiosa barocca nelle Marche. Si definisce "alle grotte" perché addossato alle grotte dell'antica necropoli cristiana. Si trova appartato rispetto al contesto urbano, in un luogo ricco di vegetazione e silenzio.

    Qui si narra che il Santo decapitato portò miracolosamente la sua stessa testa per essere seppellito.

    Tale sede di culto emidiano venne riscoperta nel 1721 allorché il popolo ascolano volle ringraziare il proprio Patrono per la protezione concessa nel terremoto del 1703. L’architetto locale più rinomato del tempo, Giuseppe Giosafatti, realizzò a tal fine il suo progetto: portò alla luce le grotte paleocristiane sgretolando la parte rocciosa che fu poi rivestita con una facciata di travertino delicatamente scolpito.

  • Cattedrale di Sant'Emidio
    0736.259901
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Cattedrale di Sant'Emidio e Polittico di Carlo Crivelli

    La Cattedrale di Sant' Emidio è un edificio composito di tipo basilicale, risultato di molti adattamenti e sovrapposizioni avuti tra l’VIII e il XVI. La prima costruzione risalirebbe addirittura al IV o V secolo, secondo alcuni sul luogo dell’antico foro mentre secondo altri su un preesistente edificio di epoca romana forse dedicato ad Ercole o alle Muse. Alcuni ritrovamenti archeologici rinvenuti tra il 1882 e il 1883 dimostrerebbero che la cattedrale fu edificata utilizzando i resti dell’antica basilica civile del foro romano, ancora visibili nelle parti più antiche della costruzione come il transetto, la parte delle absidi e la cupola risalenti alla fine dell’VIII o all’inizio del IX secolo.
    La facciata, realizzata tra il 1529 e il 1539 su disegno di Cola dell’Amatrice, presenta un solo ordine architettonico e al centro un portale d’ingresso alla cattedrale con ai lati le colonne dimezzate verticalmente con basi, capitelli e cornici. Agli estremi della facciata s'innalzano le due torri romaniche di travertino mentre su un fianco laterale si apre la rinascimentale Porta della Musa, così chiamata per un'epigrafe murata sulla parete (un distico di fattura umanistica).
    L’interno, ricco di straordinarie opere d’arte, si presenta come un’ampia aula di sapore romanico- gotico a croce latina, divisa in tre navate e con sottostante cripta dove sono custodite le reliquie di S. Emidio. Nella Cappella del Sacramento, sopra l’altare arricchito da un prezioso tabernacolo cinquecentesco in legno dorato e dipinto di attribuzione incerta, troviamo lo splendido Polittico di Carlo Crivelli.  
    Sfuggito alle spoliazioni napoleoniche e alle vendite ottocentesche che hanno gravemente depauperato il patrimonio pittorico marchigiano nel corso dei secc. XVIII e XIX, l’imponente opera è l’unica realizzata dal maestro veneto ad essersi conservata integra in tutte le sue parti, compresa la complessa cornice. Nelle figure della Vergine, dei Santi e degli apostoli che occupano i pannelli della predella si dispiega tutta la capacità tecnica e la raffinata qualità artistica di Crivelli che con maestria descrive i tratti regali della Vergine, seduta su un trono impreziosito da marmi preziosi e dal caratteristico festone di frutta che assume complesse valenze simboliche, o indugia a rendere con esasperato virtuosismo il disegno del piviale e del pastorale di Sant’Emidio, patrono della città e contitolare della Cattedrale.

  • Eremo di S. Marco
    0736 298334 (Ufficio turistico
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Eremo di S. Marco

    L'eremo di San Marco è un romitorio che si trova nel comune di Ascoli Piceno, a sud della città. L'edificio religioso è abbarbicato alla parete rocciosa del Colle San Marco, nei pressi della frazione di Piagge. Visibile da piazza del Popolo, è stato costruito in blocchi di travertino grossolanamente squadrati e vi si accede mediante una possente scalinata in pietra che, come un ponte, attraversa il profondo burrone. Il suo fronte è costituito dall'accostamento di due corpi di fabbrica, ovvero  il campanile sulla sinistra e la facciata scandita orizzontalmente da un doppio ordine di bifore divise verticalmente da una colonnina centrale con capitello

  • Monastero di San Benedetto in Valledacqua
    0736.801262 (Comune)
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Monastero di San Benedetto in Valledacqua

    Immerso fra il Parco Nazionale dei Monti Sibillini ed il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga sorge il Monastero di San Benedetto in Valledacqua risalente al 970 d. C.
    Nasce dai resti dell'antica Abbazia dei monaci di Farfa, costruita alla fine del X secolo, di cui sono ancora ben visibili gli armoniosi affreschi riscoperti sulle pareti. La facciata molto semplice presenta una torretta a vela risalente con tutta probabilità al secolo XIII. 
    Il sisma del 1972 ha danneggiato profondamente l’intero complesso che, grazie ai restauri a cura della Curia Vescovile di Ascoli e del Ministero dei Beni Culturali, è recentemente tornato ai suoi antichi splendori. 
    Completamente restaurato nel 2002, ospita una comunità femminile di Monache Camaldolesi. Oggi la vita monastica si esprime attraverso la liturgia, guidata dalla Comunità femminile della Congregazione Benedettina Camaldolese.

    Il Monastero include la foresteria, composta da 38 camere, aperta tutto l'anno e che accoglie quanti desiderano condividere l'esperienza di preghiera con la comunità monastica in comunione con Dio.