Indietro Dal paese degli scalpellini a quello delle terrecotte: centri storici come piccoli musei

Dal paese degli scalpellini a quello delle terrecotte: centri storici come piccoli musei

La passione per l'artigianato artistico

Adagiato su un colle circondato da campi coltivati e filari di viti, il piccolo borgo di S. Ippolito in provincia di Pesaro Urbino vi saprà trasportare nel mondo degli antichi mestieri degli scalpellini e dei marmisti. Il centro storico è oggi un piccolo museo all'aperto, dove quasi ogni casa è impreziosita da nicchie con sculture, portali, mensole e decorazioni. Un’arte, quella degli artigiani locali, che deriva dalla vicinanza alle numerose cave di marmo e pietra, raccontata nel Museo del Territorio-Arte degli Scalpellini a Palazzo Bracci (prenotare allo 0721.728144). Dedicato alla lavorazione dell’arenaria, include illustrazioni sul lavoro nelle cave, strumenti e ricostruzioni delle botteghe artigianali, oltre a una selezione di sculture realizzate durante i numerosi corsi professionali.

Da qui, in un attimo volerete a Fratte Rosa, per scoprire i colori e le lavorazioni uniche delle terrecotte e dell’argilla, nei laboratori dei maestri terracottai Giombi, Bonifazi e Gaudenzi dove arte, cultura e sapienza danno vita a raffinati oggetti d’uso domestico. Dopo una foto al Convento di S. Vittoria, assaggerete la prelibata fava, presidio Slow Food, dalla cui farina si ricavano i migliori Tacconi, pasta fresca fatta a mano.

Se avrete ancora tempo, una passeggiata alla Rocca roveresca di Mondavio, capolavoro di architettura militare a firma di Francesco di Giorgio Martini, vi catapulterà indietro di cinquecento anni.

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Livello di difficoltà: media
Target: Shopping
Stagionalità: Inverno

Le tappe dell'itinerario

  • Sant'Ippolito
    0721.728144
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Sant'Ippolito

    Il territorio comunale di Sant'Ippolito, posto a ridosso dell'ampia e fertile valle del fiume Metauro e solcato da numerosi corsi d'acqua, presenta un ameno paesaggio verdeggiante di campi coltivati, filari di viti e alberature sparse, tipico delle zone di bassa collina.

    Fondato dai fossombronesi tra il VI e il VII secolo, è noto per l'attività dei suoi scalpellini e marmisti che fin dal secolo XIV (e forse già in epoca romana) iniziarono a sfruttare le locali cave di pietra e marmo, rifornendo di materiali e manodopera specializzata numerosi cantieri in zone anche lontane. Un'arte, quella degli artigiani locali, di cui Sant'Ippolito è oggi un piccolo museo all'aperto dove quasi ogni casa si fa notare per la presenza di nicchie con immagini, portali, mensole, cornici e decorazioni varie. Degno di rilievo a tal proposito è l’evento artistico internazionale dedicato alla scultura su pietra arenaria, denominato Scolpire in Piazza, che si tiene ogni anno a luglio.

    Opere degli scalpellini locali sono conservate anche nelle chiese di Sant’Ippolito, come la chiesa di San Giuseppe risalente al XIV secolo dove si trova anche una tela di scuola baroccesca, la chiesa di Sant'Antonio e la parrocchiale di Sant'Ippolito.

    Della Rocca, fatta edificare probabilmente da Federico da Montefeltro su progetto dell’architetto Francesco di Giorgio Martini, è rimasta la base del mastio mentre la cinta muraria, realizzata in pietra arenaria, è rimasta intatta. Splendido è il panorama che si gode dall’alto delle mura.

    Fanno oggi parte del territorio comunale di Sant'Ippolito anche gli antichi castelli di Reforzate (m.324), dove ogni anno a metà luglio si tiene la Rievocazione storica della Trebbiatura, e Sorbolongo (m.359), sede ogni anno a maggio della tradizionale Sagra della Lumaca. Entrambi appartennero alla città di Fano e sono ancora circondati da alte mura scarpate.

  • Fratte Rosa
    0721.777113
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Fratte Rosa
    Fratte Rosa è arroccata sulla cima di un colle, in una cornice panoramica tra le più belle della provincia di Pesaro e Urbino, posto a cavallo tra le medie valli del Cesano e del Metauro.

    Comune di collina, fondato probabilmente nell'alto Medioevo, è rinomato per l’antico e nobile artigianato delle terrecotte. A questo periodo (1216) risale la fondazione del Convento di Santa Vittoria, sulla scia della coinvolgente predicazione di San Francesco, oggi sede del Museo delle terracotte
    Il nucleo antico dell’abitato, dalla tipica pianta a spirale, è raccolto, con le sue pittoresche abitazioni di mattoni rosa, all’interno delle mura medievali e conserva al suo interno un pozzo.

    Tra le eccellenze enogastronomiche del territorio ricordiamo la Fava di Fratte Rosa (presidio Slow-Food) e i tacconi, tipica pasta fatta a mano con farina di grano e farina di fave.
  • Convento di S. Vittoria
    0721.777543
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Convento di S. Vittoria
    La tradizione popolare vuole che il Convento di Santa Vittoria sia stato fondato nel 1216 da San Francesco d'Assisi che, in uno dei suoi viaggi solitari che lo portarono ad attraversare anche le Marche, s'imbatté in una creatura mostruosa dalle fattezze di un grosso serpente che riuscì ad uccidere con “prodigiosa vittoria”. A memoria di questo evento il complesso venne dedicato a Santa Vittoria anche se, con più probabilità, era già presente un insediamento di monaci Benedettini. Dalla fine dell'Ottocento, l'intero complesso conventuale di Santa Vittoria subì numerosi danni soprattutto all'interno della chiesa, come il parziale crollo del tetto avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale.
    All’interno è conservata la Deposizione di Giambattista Ragazzini, un olio su tavola che gli venne commissionato nel periodo in cui operò a Fano, attorno alla metà del XVI secolo.
    Questa tavola ha avuto una storia particolarmente travagliata: per lungo tempo in stato di abbandono, è stata scomposta durante l’ultima guerra mondiale ed infine recuperata grazie ad un restauro ultimato nel 2003.
    Fu il fascino di questo luogo ed il suo stretto legame con il paese di Fratte Rosa ad attirare l'interesse di artisti ed intellettuali, come Mauro Tamburini e Franco Bucci, che nei primi anni Ottanta del '900 iniziarono a raccogliere documenti, immagini e racconti per tramandare la memoria storica e materiale di questa terra, attraverso un progetto che pose le basi per la creazione del Museo Demo-antropologico delle Terrecotte di Fratte Rosa. 
    Inaugurato nel 2002, secondo un allestimento pensato dallo stesso Franco Bucci, il museo è stato concepito come un centro di formazione e documentazione dell'artigianato locale e della tradizione popolare, oggi in via di ridefinizione, nella prospettiva di adeguarlo ad una migliore fruizione come polo di eccellenza del turismo culturale territoriale.
    Oggi, l'ex chiesa così recuperata è diventata sede dell'Associazione LIS – Laboratorio Idee per la Sostenibilità, ente che promuove le iniziative di supporto all'attività ricettiva e culturale del Convento di Santa Vittoria.
  • La produzione di terrecotte artistiche

    Fratte Rosa, presenta una tradizione antica e originale nelle forme e nel design, che è rappresentata dalla produzione di terrecotte.

    Fratte Rosa sorge nello spartiacque delle vallate del Cesano e del Metauro mentre Barchi, situata prima del XIII secolo alla base di due alte colline, lungo il corso di un affluente del Rio Maggio, si trasferì anch’essa sulla sommità di un colle.
    Di secolare tradizione è la produzione di terrecotte, in particolare è nota la produzione dei “cocci di Fratte Rosa”, che devono il proprio nome al tipico colore rosa dei mattoni delle case.
    Da non perdere la visita allo storico Convento francescano di Santa Vittoria a Fratte Rosa che ospita il Museo della Terracotta e della Terra cruda, inaugurato il 22 giugno 2002 e divenuto parte integrante di un lungo e complesso progetto volto a tutelare e promuovere nel modo appropriato le specifiche radici artigiane. L'esposizione, rappresenta pienamente quella che fu la produzione ceramica locale: a partire dal reperimento delle materie prime, passando attraverso la loro lavorazione, fino a presentare una gamma di oggetti finiti che sbalordiscono per quantità di forme, inventiva, praticità (vasellame da cucina, orci tipici, complementi d’arredo fino alle bomboniere).

  • Fava di Fratte Rosa - Presidio Slow Food

    A Fratte Rosa, piccolo paese tra le colline pesaresi, gli abitanti sostengono che le fave migliori siano quelle coltivate sui "lubachi", ovvero i terreni ricchi di argilla bianca che caratterizzano il territorio e che hanno dato origine a due produzioni tipiche: i "cocci" e le fave.
    Il paese, infatti, è noto fin dall’epoca romana per la produzione di terrecotte e per la tradizionale coltivazione di fave. Nei secoli, i contadini del luogo hanno selezionato un ecotipo dal caratteristico baccello corto, che contiene in media 4 semi, grandi e rotondeggianti, dal gusto dolce e teneri anche a piena maturazione.

    La fava di Fratte Rosa si semina a ottobre, la pianta raggiunge un’altezza di circa 80 centimetri e porta a maturazione il seme ceroso all’inizio di maggio, mentre per il seme secco si deve aspettare il mese di giugno. Si coltiva solitamente in rotazione con orticole e cereali, senza apporti di azoto e potassio e senza irrigazione se non in casi di estrema necessità. I produttori del presidio si sono impegnati a non effettuare diserbo chimico ma solo meccanico, per evitare l’avversità più comune ovvero l’orobanche, una pianta infestante.
    Per decenni ha rappresentato un alimento base per la popolazione locale: fresca o secca era ingrediente di molte ricette casalinghe, trasformata in farina e miscelata con la farina di grano serviva per produrre pane e pasta, ed era anche usata per alimentare gli animali.
    I "tacconi ", ancora oggi realizzati a Fratte Rosa, sono un formato di pasta realizzato con una percentuale di farina di fave che oscilla tra il 30 e il 50%. Il nome deriva probabilmente dalla somiglianza con le strisce di cuoio che avanzavano dalla rifilatura delle suole delle scarpe per i tacchi. L’impasto, quando raggiunge il giusto grado di elasticità, viene steso, arrotolato e tagliato a strisce sottili; il condimento classico è il sugo ai funghi. Le fave si consumano anche nella "baggiana", una minestra di verdure (bietole, cicorie, barba di frate) a cui si uniscono in cottura le fave secche lessate e sbucciate. E sono l’ingrediente principale dell’antica ricetta marchigiana “fave in porchetta”, a base di fave fresche, finocchio selvatico, pancetta di maiale.

    (foto dal sito www.fondazioneslowfood.com)

  • Mondavio
    0721 977758
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Mondavio

    Adagiato su una collina a 280 mt. sul livello del mare, fra le valli dei fiumi Metauro e Cesano, con vedute che si dispiegano fra l’Adriatico e l’Appennino, Mondavio vanta un centro storico fra i meglio conservati delle Marche. Ancora oggi il borgo è racchiuso in una cinta muraria che si estende per 780 metri di lunghezza e rientra tra "I Borghi più belli d'Italia", “Paesi Bandiera Arancione”.

    La Rocca è il principale monumento di Mondavio: commissionata da Giovanni della Rovere, insieme ad altre rocche del ducato, all'architetto senese Francesco di Giorgio Martini e costruita tra il 1482 e il 1492. Non avendo mai subito attacchi è ancora in ottimo stato. Il mastio ad otto facce domina la maestosa fortezza e si collega ad un camminamento, protetto da un torrioncino, che porta ad una massiccia torre semi-circolare, unita con un ponte al rivellino d'ingresso. Il progetto originale prevedeva verso ovest un ulteriore torrione rotondeggiante che non fu mai realizzato. Le sale interne conservano ancora, per la maggior parte, la pianta originale; oggi è sede del "Museo di Rievocazione storica e armeria", con manichini in costume e armi dal '400 al '700. Nel fossato della Rocca è stato allestito il parco di "macchine da guerra" di Francesco di Giorgio Martini, con fedeli ricostruzioni in dimensione reale di catapulte, trabucchi, bombarde e altre macchine da assedio. 

    Oltre alla rocca, il centro storico custodisce altri monumenti di rilievo: il Palazzo dei Malatesta, la Chiesa di San Francesco, il Palazzo Municipale, la Collegiata dei Ss. Pietro e Paterniano, il trecentesco Palazzo della Comunanza, l'antico istituto che amministrava i beni della comunità e il Teatro Apollo, realizzato alla metà del Settecento sui resti di una chiesa quattrocentesca. Nell'ex convento di San Francesco è ospitato il Museo Civico, che conserva interessanti testimonianze d'arte e di storia e il dipinto “Madonna in trono col Bambino e due donatori; Crocifissione” (1390-1400 ca.) di Olivuccio di Ciccarello da Camerino.

    Piatto tipico del luogo sono i tacconi, una pasta fatta con farina di fave. Alla metà di agosto imperdibile è la "Caccia al Cinghiale", che rievoca l'arrivo a Mondavio di Giovanni della Rovere e dei Dignitari del Ducato di Urbino, per la presa di possesso del Vicariato avuto in dono da Papa Sisto IV in occasione delle sue nozze con Giovanna, figlia di Federico di Montefeltro. Il programma inizia il 13 agosto con un sontuoso banchetto rinascimentale, e termina il 15 con cortei, giochi e scene vita rinascimentale, spettacoli pirotecnici, nella cornice della Rocca Roveresca. Animatore della festa è il Gruppo Arcieri Storici di Mondavio.

  • Chiesa di S. Francesco
    0039
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Chiesa di S. Francesco
    Secondo la tradizione la chiesa fu edificata per volontà di San Francesco di Assisi in occasione di una sua sosta a Mondavio nel XIII secolo. Nel corso dei secoli, subì numerose trasformazioni fino a giungere alle attuali forme nel 1700: un’architettura semplice e maestosa al’’esterno e barocca all’interno. All’interno si ammirano i quadri dei fratelli Persiutti di Fano. Il prospetto è rustico, con laterizio faccia a vista e contrafforti ai lati. Di particolare interesse sono il campanile affusolato a forma di pannocchia e, uscendo dalla chiesa a destra, il chiostro dell’ex convento, a diciotto arcate a tutto sesto e coperte da basse volte a crocera intonacate.
  • Chiesa dei Ss. Pietro e Paterniano
    0039
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Chiesa dei Ss. Pietro e Paterniano
    La Chiesa dei Santi Pietro e Paterniano di Mondavio venne fondata nel 1444 come unificazione delle omonime parrocchie lontane tra loro. Successivamente venne ristrutturata nel 1563 dall’architetto Bartolomeo Genga e custodiva pregevoli opere fra le quali uno stucco del Brandani raffigurante la Natività.  L’elevazione a Insigne Collegiata è del 1741, quando fu necessario ampliare la chiesa perché era divenuta la più importante della zona. Per l'occasione fu ingrandita incorporando l'adiacente torrione della porta di S. Pietro come abside centrale e si costruirono le cappelle laterali. All’interno sono collocate opere di pregevole fattura: nella Cappella del SS. Sacramento una tela dell’angelo custode di Giuseppe Bottani del XVIII, nell'abside la tela con la Vergine Assunta, S. Giovanni Evangelista e Santa Caterina (sec. XVIII) attribuita ad artisti della scuola del Barocci; nella Cappella dei Santi Protettori una tela di Sebastiano Ceccarini (sec. XVIII) raffigurante la Vergine, S. Michele Arcangelo e S. Eleuterio Papa, con Mondavio nello sfondo.
    In particolare nella cappella del SS. Sacramento si trova anche un piccolo quadro posto al centro di un grande ovale, rappresentante il volto sacro di Gesù coronato di spine e sanguinante, attorno al quadro sono affrescati degli angeli che tengono in mano alcuni strumenti della passione.
  • Chiesa di S. Maria della Quercia
    0039
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Chiesa di S. Maria della Quercia
    Sulla strada che conduce a S. Michele al Fiume, ad appena 2 km dal centro storico di Mondavio, sorge la Chiesa di S. Maria della Quercia, piccola chiesa risalente al 1521, ampliamento di una precedente costruzione trecentesca. L’esterno è concepito come un unico volume che si prolunga, nella parte frontale, in un porticato costituito da tre archi a tutto sesto. Sopra il porticato erano presenti due stanze adibite all’accoglienza dei pellegrini che transitavano per questa strada, essi andarono persi con i lavori di ristrutturazione dei primi decenni del '900.
    L’interno della chiesa contiene tre altari e preziosi affreschi datati 1535, attribuiti ai fratelli Presutti di Fano (sec. XVI). Essi raffigurano il Crocifisso, la Madonna con Bambino , la Madonna con Bambino con i Santi Rocco e Sebastiano e una rappresentazione dell’antica Mondavio. Attorno all'altare maggiore sono presenti, inoltre, due finestre affrescate attribuite al Ridolfi (sec. XVI), raffiguranti i Santi Pietro e Paolo.
  • Rocca Roveresca
    0721.977758
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Rocca Roveresca

    Lungo la vallata del Cesano si trova l'imponente Rocca di Mondavio, sorta su una precedente costruzione per volere di Giovanni della Rovere.
    Francesco di Giorgio Martini, lasciandola incompiuta, vi lavorò dal 1488 al 1501 anno della sua morte. Notevole è il mastio su base poligonale, con il tipico giro di caditoie e merli. Insieme al mastio, torri e torrioni avevano la funzione di offrire prospettive sfuggenti ai micidiali colpi di bombarda, invece di contrastarli con grosse muraglie come si era fatto fino ad allora. Questo ingegnoso apparato rimase tuttavia inutilizzato, dato che dalla rocca non partì e non arrivò mai alcun colpo di bombarda.
    Il museo, ubicato all’ interno, si articola in due sezioni dedicate rispettivamente alle armi antiche e alla rievocazione storica della vita del castello in età rinascimentale. L’allestimento di diverse ambientazioni della rocca con statue di cera, offre, soprattutto ai più piccoli, un divertente spaccato dell’epoca rinascimentale. È possibile inoltre visitare le antiche prigioni, la sala del forno, il deposito delle munizioni e la stalla.

  • Teatro Apollo
    0721.977758
    La tappa prevede le seguenti destinazioni: Teatro Apollo

    Di origini tardo settecentesche e ricavato nella preesistente ex chiesa dedicata a San Filippo Neri, il Teatro Apollo, completamente rinnovato nel 1887 è nel suo genere, un autentico gioiello che il recente restauro ha restituito al suo antico splendore.

    Inizialmente gestito dall’Accademia del Teatro, fu particolarmente attivo nell’800 e nella prima metà del 1900.

    Di notevole suggestione per l’armonia degli spazi e l’eleganza delle decorazioni floreali a festoni, racemi d’acanto e grottesche, esaltate dal bellissimo soffitto a velario con putti danzanti in circolo intorno ad Apollo. Il teatro ha riacquistato oggi la sua importante funzione culturale e sociale non solo nell’ambito della comunità mondaviese.